Cardano al Campo, il figlio di Laura Prati scrive: "Mamma, lo Stato ti renda giustizia"

Lettera aperta alla sindaca uccisa: "Attenuanti a chi ti ha ucciso? Non molleremo"

Laura Prati

Laura Prati

Cardano al campo (Varese), 3 marzo 2018 - Il  2 luglio del 2013 Giuseppe Pegoraro, vice comandante della polizia municipale, sospeso dal servizio dopo una condanna per peculato, irrompe nel Comune di Cardano. Esplode tre colpi di 7.65 contro il vicesindaco Costantino Iametti e subito dopo altri tre contro la sindaca Laura Prati. Ricoverata prima a Gallarate e poi a Varese, la donna muore il 22 luglio.

«Cara mamma, a me importa una cosa sola: che lo Stato, che tu hai rappresentato, ti renda la giustizia che meriti». Un figlio scrive alla madre morta. Sulla sua pagina Facebook Massimo Poliseno le indirizza un lungo post, come una lettera aperta. È il figlio di Laura Prati, sindaca di Cardano al Campo. Giuseppe Pegoraro, l’uomo condannato per il suo omicidio, vede ora la possibilità di sottrarsi all’ergastolo. La Cassazione ha accolto un punto centrale del ricorso del difensore Maria Grazie Senaldi e annullato la sentenza di secondo grado che, il 19 aprile del 2016, aveva confermato la condanna al carcere a vita, e rimandato il caso a Milano. L’indicazione è quella che vengano applicate le attenuanti generiche: secondo la Suprema Corte, oltre ai colpi subiti, la morte della Prati potrebbe essere stata provocata anche da concause come una pregressa malformazione vascolare o un aneurisma. Nuovo processo il 27 marzo, davanti alla seconda Assise d’appello.

«I giudici – scrive Massimo – potrebbero decidere di riconoscere le attenuanti generiche a chi ti ha portato via da me, da noi ... Questo vorrebbe dire niente più ergastolo per il tuo assassino, per chi ha assassinato una donna, una madre, una moglie ... una sindaca. È uno scenario che sembra paradossale, ma al quale mi sto preparando perché potrebbe davvero accadere, anche se non dovrebbe in un Paese civile. È una questione di principio, poco importa che anche qualora la pena fosse di 20 anni l’effetto sarebbe praticamente lo stesso dell’ergastolo, considerata l’età di questo assassino. Non è ammissibile che possa passare l’idea che in Italia sia consentito armarsi di tutto punto (pistole, bombe, fucili a pompa), recarsi nell’ufficio di un sindaco sparandogli 3 colpi di pistola, ferire il vicesindaco, ingaggiando un duello a fuoco con un vigile, lanciare una bomba nelle sede di un sindacato, sparare addosso a degli agenti di polizia con un fucile di precisione, e dopo tutto questo evitare l’ergastolo perché considerato ‘meritevole’ delle attenuanti generiche.

A me non importa onestamente nulla di chi mi ha privato di te, a me importa solo che lo Stato che hai rappresentato in modo tanto onorevole ti renda a giustizia che meriti. A me importa solo che il verdetto uscito da un’aula di tribunale non modifichi il tuo sacrificio e quello dell’ergastolo è l’unica condanna che può evitare tutto ciò. Se, come devo purtroppo mettere in conto, così non sarà, allora andremo avanti nel carcere di renderti giustizia negli altri modi che conosciamo: organizzando eventi in tua memoria, insegnando chi eri e perché non ci sei più, portando avanti, in libertà, le tue battaglie. E faremo tutto questo mentre chi ti ha ucciso, privato della sua di libertà, ci guarderà da dietro le sbarre ...».