Omicidio di Malnate: impronte, Gps e sopralluoghi. Così si è tradito il presunto assassino

La svolta nelle indagini sull’omicidio della pensionata di Malnate da un’impronta sull’arma del delitto: un vaso di fiori

I carabinieri davanti all'abitazione di Carmela Fabozzi, uccisa in casa

I carabinieri davanti all'abitazione di Carmela Fabozzi, uccisa in casa

Malnate (Varese) - Come gli assassini dei libri gialli, Sergio Domenichini è tornato sul luogo del delitto. Nel pomeriggio del 22 luglio, dopo aver ucciso a mezzogiorno Carmela Fabozzi e aver portato in un autolavaggio la vettura che aveva preso a noleggio, ha effettuato "continui passaggi nella zona dell’abitazione della vittima senza apparente motivo fino alla sera, quando parte con la compagna per le vacanze". Passaggi, forse per accertare se il cadavere era già stato scoperto, ripresi dalle telecamere installate all’ingresso del dedalo di viuzze e cortili del centro storico di Malnate. È solo uno dei tanti passi falsi commessi dal 66enne, che hanno consentito a investigatori e inquirenti di chiudere il cerchio dopo quasi un mese di indagini.

Sergio Domenichini, che si sarebbe trattenuto in via Sanvito per circa cinque minuti, dopo il delitto ha portato via i due cellulari di Carmela per nascondere i contatti telefonici fra lui e la vittima, e li avrebbe distrutti. Si è preoccupato di rimettere a posto il pesante vaso blu, l’arma usata per uccidere la conoscente, dimenticandosi però di raccogliere i fiori rimasti sotto il corpo di Carmela. E soprattutto non ha cancellato le sue impronte digitali e le tracce di sangue della donna sulla superficie di vetro. Proprio il vaso, sequestrato e finito sotto la lente dei carabinieri del Ris di Parma, lo ha incastrato.

«Gli accertamenti dattiloscopici condotti sul vaso portavano a rilevare otto contatti di natura digitale – annota il gip nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dell’uomo – tutti su porzioni del vaso nella cavità interna, in corrispondenza della parte alta della spalla". La traccia di una mano, usata per sollevare il vaso impugnando l’orlo e per sferrare nove colpi alla testa di Carmela. Mano che, dal confronto con la banca dati delle impronte digitali, era quella di Domenichini, più volte fotosegnalato e “schedato”. Ma non è l’unica traccia dell’indagato. Sul pavimento sono state trovate infatti impronte di sangue "invisibili a occhio nudo" lasciate da una suola compatibile con il modello di scarpe indossate quel giorno dal 66enne. Calzature che, sequestrate il 17 agosto e analizzate con il “combur test”, conservavano ancora la traccia di sangue umano.

Domenichini è stato ripreso dalle telecamere nella zona in orari compatibili con il delitto e notato da due vicini mentre a mezzogiorno bussava alla porta di Carmela Fabozzi, dopo aver cercato di contattarla al telefono alle 11.47 e alle 11.59. E il sistema gps installato sull’auto a noleggio ha registrato la sosta del mezzo in via Sanvito alle 12.05, quando Carmela probabilmente era già morta. Poi Domenichini è andato a casa per cambiare scarpe e pantaloni, forse chiazzati di sangue, e alle 12.48 ha portato la vettura all’autolavaggio. Un maldestro tentativo di eliminare altre tracce. Nel pomeriggio, infine, è iniziato il suo vagabondaggio, attorno a via Sanvito, "senza apparente motivo".