Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)

Lonate Pozzolo (Varese), 30 novembre 2022 - Pene riviste al rialzo e impianto accusatorio della Dda accolto in pieno. Oggi la Corte d’Appello di Milano ha in buona parte sconfessato la sentenza di primo grado sull’operazione “Krimisa due” dei carabinieri del Nucleo investigativo di via Moscova (11 arresti il 3 settembre 2020), secondo tempo di un’indagine che poco più di un anno prima aveva smantellato la locale di ’ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo guidata da Vincenzo Rispoli e legata ai Farao-Marincola di Cirò Marina. Partiamo dall’imprenditore Cataldo Santo Casoppero, già condannato nel processo a Busto Arsizio sul filone principale a 14 anni di reclusione per associazione mafiosa, accusato di aver corrotto l’ex geometra dell’Anas Riccardo Lazzari: assolto in primo grado, è stato condannato in Appello a 5 anni e 4 mesi. Sia lui che Lazzari (4 anni) dovranno risarcire i danni subìti dalla società che si occupa di infrastrutture stradali, che si è costituita parte civile. Completamente riscritta pure la vicenda della spedizione punitiva organizzata per costringere un imprenditore italiano residente a Malta a versare tremila euro per prestazioni in nero nei suoi cantieri edili: in primo grado, il gup Anna Magelli aveva derubricato il reato da estorsione a esercizio abusivo delle proprie ragioni (procedibile solo su querela di parte); in Appello, invece, i giudici hanno condannato i fratelli Michele e Giuseppe Di Novara (8 anni), Giovanni Lillo (10 anni e 8 mesi) e la moglie Francesca Rispoli (4 anni, 5 mesi e 10 giorni), figlia del boss Vincenzo. A tutti e quattro è stata contestata anche l’aggravante mafiosa. Secondo gli accertamenti dei militari, coordinati dal colonnello Antonio Coppola e dal tenente colonnello Cataldo Pantaleo, a fine gennaio 2020 i tre uomini erano partiti per l’isola del Mediterraneo con l’obiettivo di farsi pagare dal costruttore: «L’ho spaccato tutto... tutto pieno di sangue... ho le chiavi e il telefono io... ho il marsupio io... non ha neanche una lira», il resoconto dell’aggressione fatto da Giuseppe «Zio Pino» Di Novara a Francesca Rispoli.  «Amore, sono andato al bowling stasera, ho fatto strike», il messaggio di Lillo alla moglie. «Gli ho dato un pugno da sotto – gli altri dettagli forniti a un amico al rientro in Italia –. I denti si schiacciarono... gli diedi il primo pugno sotto al mento gli diedi... e non capì più nulla in quel momento...». Tutto confermato dal referto medico del Mater Dei Hospital di Msida, dove l’imprenditore si fece medicare quella sera: «Ferite da trauma, perdita di più denti, abrasioni alla schiena, ematoma al lato sinistro del capo, frattura della dodicesima costola, sospetta frattura composta della decima costola, leggero pneumotorace lato sinistro». Un massacro. Ultima nota per Giovanni Vicenzino, investigatore privato ed ex consulente della Procura di Busto Arsizio: condanna a 2 anni, con aggravante mafiosa.

Cronaca

Lonate Pozzolo (Varese), 30 novembre 2022 - Pene riviste al rialzo e impianto accusatorio della Dda accolto in pieno. Oggi la Corte d’Appello di Milano ha in buona parte sconfessato la sentenza di primo grado sull’operazione “Krimisa due” dei carabinieri del Nucleo investigativo di via Moscova (11 arresti il 3 settembre 2020), secondo tempo di un’indagine che poco più di un anno prima aveva smantellato la locale di ’ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo guidata da Vincenzo Rispoli e legata ai Farao-Marincola di Cirò Marina. 
Partiamo dall’imprenditore Cataldo Santo Casoppero, già condannato nel processo a Busto Arsizio sul filone principale a 14 anni di reclusione per associazione mafiosa, accusato di aver corrotto l’ex geometra dell’Anas Riccardo Lazzari: assolto in primo grado, è stato condannato in Appello a 5 anni e 4 mesi. 
Sia lui che Lazzari (4 anni) dovranno risarcire i danni subìti dalla società che si occupa di infrastrutture stradali, che si è costituita parte civile. Completamente riscritta pure la vicenda della spedizione punitiva organizzata per costringere un imprenditore italiano residente a Malta a versare tremila euro per prestazioni in nero nei suoi cantieri edili: in primo grado, il gup Anna Magelli aveva derubricato il reato da estorsione a esercizio abusivo delle proprie ragioni (procedibile solo su querela di parte); in Appello, invece, i giudici hanno condannato i fratelli Michele e Giuseppe Di Novara (8 anni), Giovanni Lillo (10 anni e 8 mesi) e la moglie Francesca Rispoli (4 anni, 5 mesi e 10 giorni), figlia del boss Vincenzo. A tutti e quattro è stata contestata anche l’aggravante mafiosa. 
Secondo gli accertamenti dei militari, coordinati dal colonnello Antonio Coppola e dal tenente colonnello Cataldo Pantaleo, a fine gennaio 2020 i tre uomini erano partiti per l’isola del Mediterraneo con l’obiettivo di farsi pagare dal costruttore: «L’ho spaccato tutto... tutto pieno di sangue... ho le chiavi e il telefono io... ho il marsupio io... non ha neanche una lira», il resoconto dell’aggressione fatto da Giuseppe «Zio Pino» Di Novara a Francesca Rispoli.&nbsp; «Amore, sono andato al bowling stasera, ho fatto strike», il messaggio di Lillo alla moglie. «Gli ho dato un pugno da sotto – gli altri dettagli forniti a un amico al rientro in Italia –. I denti si schiacciarono... gli diedi il primo pugno sotto al mento gli diedi... e non capì più nulla in quel momento...». Tutto confermato dal referto medico del Mater Dei Hospital di Msida, dove l’imprenditore si fece medicare quella sera: «Ferite da trauma, perdita di più denti, abrasioni alla schiena, ematoma al lato sinistro del capo, frattura della dodicesima costola, sospetta frattura composta della decima costola, leggero pneumotorace lato sinistro». Un massacro. 
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