I colpi di pistola, poi la caduta: così morì Laura Prati, la sindaca di Cardano

Il medico legale non esclude un rapporto tra le ferite e il decesso di Laura Prati di Gabriele Moroni

Laura Prati dopo la sparatoria in Comune venne sottoposta a intervento

Laura Prati dopo la sparatoria in Comune venne sottoposta a intervento

Cardano al Campo (Varese), 11 ottobre 2014 - La morte di Laura Prati, sindaca di Cardano al Campo al Campo, fu provocata dai colpi che le esplose contro Giusepe Pegoraro, ex vicecomandante della polizia municipale. O meglio non è escluso un preciso rapporto fra le ferite e il decesso. È il punto cruciale della perizia eseguita dal medico legale Massimo Cristina e depositata in tribunale a Busto Arsizio.

Il 2 luglio dello scorso anno, nel municipio di Cardano, Pegoraro premette per tre volte il grilletto della sua 7.65 contro Laura Prati e altrettante in direzione del vicesindaco Costantino Iametti. Ricoverata all’ospedale di Gallarate, la sindaca venne trasferita dopo alcuni giorni all’ospedale di Circolo di Varese. Qui, al termine di un intervento chirurgico, qualche giorno dopo venne colpita da un aneurisma che ne provocò la morte il 23 luglio. Come morì Laura Prati? C’era un nesso eziologico fra quei tre colpi di pistola e la rottura dell’aneurisma? «Il divenire – è il responso del perito sul punto – apparentemente inconsueto della vicenda clinica non esclude in ogni caso un preciso rapporto di casualità fra le iniziali ferite da arma da fuoco e il decesso a distanza di 21 giorni».

«Conosciuta l’area – è un altro passaggio importante –, non può essere stata l’energia cinetica dei proiettili a determinare la caduta della vittima al suolo né a produrre un meccanismo di succussione della testa (ossia un violento rovesciamento del capo all’indietro, ndr) idoneo a determinare la lesione mortale». La caduta della donna e la conseguente lesione occipitale con infiltrazione ematica fu provocata dalla lesione al femore prodotta da uno dei proiettili che fece perdere l’equilibrio alla donna. «La lesione vasale - sostiene il perito - è quindi da attribuire con assai elevata attendibilità proprio all’impatto diretto dell’occipte sul pavimento al momento della caduta della donna al suolo». Dopo essere stramazzata, in preda ad una «diffusa emorragia», la donna perse conoscenza.

Al processo in abbreviato, il 21 ottobre, sarà battaglia di perizie e consulenze. «La relazione del dottor Cristina - dice Maria Grazia Senaldi, difensore di Pegoraro - lascia aperte molte porte ai dubbi sollevati dalla difesa e alle teorie prospettate dalla difesa circa la dinamica dei fatti. Tuttavia, il dottor Cristina accerta che l’energia cinetica prodotta dall’arma impiegata era comunque limitata». La perizia psichiatrica ha giudicato l’ex vigile perfettamente sano di mente.

gabriele.moroni@ilgiorno.net