La morte di Maria Luisa Ruggerone Dopo il supplemento di indagini il gip ora prende tempo

Potrebbe avvicinarsi l’epilogo giudiziario di una vicenda che negli anni non ha smesso di trascinarsi zone oscure. Dopo un nuovo supplemento di indagini, il sostituto procuratore di Busto Arsizio, Martina Melita, ha confermato le conclusioni a cui era approdata nel settembre del 2019 e chiesto l’archiviazione del fascicolo: per il pm furono cause naturali (peritonite stercoracea, secondo le consulenze) a causare la morte di Maria Luisa Ruggerone, 88 anni, ex primario milanese.

Venne trovata morta dal figlio nel suo villino di Cocquio, frazione di Sesto Calende, il 14 luglio 2019, riversa su divano, con indosso solo il reggiseno, in un ambiente copiosamente insanguinato. Si oppone all’archiviazione il figlio, Maurizio Fantoni, assistito dall’avvocato Furio Artoni e affiancato dall’investigatore privato Walter Piazza. La sua convinzione di sempre è quella che la madre morì dopo essere stata aggredita e avere subito una brutale violenza. La sua borsa rossa era rimasta sul tavolo all’ingresso, ma erano spariti il portafoglio, i documenti, le chiavi dell’appartamento di Milano e quelle dell’auto, gli occhiali da vista. Una domanda che si pongono Fantoni e il suo legale è se altre persone, oltre allo stesso Fantoni e a una vicina di casa, avevano le chiavi del villino.

L’opposizione alla richiesta di archiviazione è stata discussa ieri davanti al gip Veronica Giacoia. L’avvocato Artoni chiede che vengano sentiti i proprietari dell’agriturismo di Taino dove Maria Luisa Ruggerone era solita consumare il pranzo domenicale. Un’abitudine tanto radicata che non aveva bisogno di prenotare. Quel giorno mancò all’appuntamento. Un fatto tanto insolito che verso le 14.30 le telefonarono dall’agriturismo. La Ruggerone spiegò di essere trattenuta dalla visita imprevista di amici inglesi. Gli amici esistono ma quella domenica erano in Gran Bretagna.

Gabriele Moroni