La difesa ricorre: "Cazzaniga non voleva uccidere"

. È di 172 pagine il ricorso alla Corte d’Assise d’appello di Milano depositato dai difensori

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Una sentenza che rimane alla superficie dei fatti e non individua il dolo nei reati per i quali ha inflitto la condanna all’ergastolo a Leonardo Cazzaniga. È di 172 pagine il ricorso alla Corte d’Assise d’appello di Milano depositato dai difensori dell’ex aiuto primario del pronto soccorso di Saronno, gli avvocati bresciani Ennio Buffoli e Andrea Pezzangora. Un attacco frontale alla sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Busto Arsizio: Cazzaniga era stato ritenuto colpevole di dieci dei dodici omicidi di pazienti i corsia per i quali era stato processato e per quelli di Massimo e Luciano Guerra, rispettivamente marito e suocero della sua amante di un tempo, l’infermiera Laura Taroni. Cazzaniga, per i legali, non voleva uccidere, ma alleviare i patimenti di malati, accompagnarli all’exitus a cui li condannavano le patologie di cui soffrivano.

"Di fronte - scrivono i difensori - al sintomo di sofferenza non altrimenti trattabile del malato con prognosi infausta a breve termine, correttamente è stata impostata una scelta di natura sedativa". Per farlo il medico impiegava medicinali diversi, in quantità diverse, con diverse tempistiche di somministrazione. Era questo il suo “protocollo”: non un unica, fissa, metodica per dare la morte ma un adattarsi di volta in volta alle condizioni per paziente per attenuare il suo soffrire. Contestazioni anche per i delitti “in famiglia” L’omicidio di Massimo Guerra, secondo la difesa, risulta "unicamente riferibile a Laura Taroni, la quale già sin dal 2011 aveva iniziato a somministrare al marito farmaci di diversa natura". Quanto all’omicidio di Luciano Guerra, è del tutto assente un movente da parte di Cazzaniga. Gabriele Moroni