La Cassazione conferma l’annullamento di un ergastolo al killer delle mani mozzate

Giuseppe Piccolomo era stato condannato in primo grado per l’uccisione della prima moglie nel 2003. Gli ermellini hanno avallato la sentenza della Corte d’Appello

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Giuseppe Piccolomo (nella foto), noto come "il killer delle mani mozzate", non avrebbe dovuto essere processato una seconda volta per la morte della prima moglie, Marisa Maldera, scomparsa in seguito al rogo dell’auto su cui viaggiava con il marito nel dicembre del 2003. Lo ha deciso ieri la Corte di Cassazione a Roma, accogliendo così la decisione presa dalla Corte d’Appello di Milano che, nel gennaio del 2021, aveva annullato la condanna all’ergastolo decisa in primo grado dal Tribunale di Varese. Per quell’incidente Piccolomo patteggiò una pena a un anno e quattro mesi.

Le figlie hanno invece sempre accusato il padre di averla uccisa. Già condannato al carcere a vita per l’omicidio dell’anziana Carla Molinari, uccisa a Cocquio Tevisago nel novembre 2009, secondo la suprema Corte Piccolomo non andava riprocessato per la morte della prima moglie perché si tratta di un evidente caso di "ne bis in idem scolastico", come sostenuto dal suo avvocato difensore Stefano Bruno, nel ricorso presentato alla prima condanna.

In altre parole, per quel delitto Piccolomo aveva già scontato una condanna a un anno e tre mesi di detenzione, risultato di un accordo fra le parti, e non andava quindi riprocessato per lo stesso reato. Gli ermellini della Cassazione hanno messo la parola “fine“ alla vicenda. Il "ne bis in idem" è il principio giuridico in base al quale una persona non può essere processata due volte per lo stesso fatto.

Rosella Formenti