Varese: dalla gioia per la laurea al lavoro in trincea

Le storie di tre infermieri che, subito dopo aver concluso gli studi, hanno iniziato il loro percorso professionale fra ospedali e Rsa

Juledi Hoxhaj, 23 anni, dopo la laurea ha preso servizio alla Fondazione Molina

Juledi Hoxhaj, 23 anni, dopo la laurea ha preso servizio alla Fondazione Molina

Varese, 26 novembre 2020 - Dai libri al lavoro sul campo nel giro di pochi giorni: per i neo infermieri che si sono laureati nelle ultime settimane all’università dell’Insubria non c’è stato un attimo di respiro tra la discussione della tesi e l’ingresso in ospedale o nelle Rsa. Il bisogno di nuove forze dovuto all’emergenza Covid ha accelerato i tempi di inserimento: è il caso ad esempio di Emily Bulegato, 22enne di Besnate, che si è laureata il 2 novembre e ha preso servizio all’Hub Covid dell’Ospedale di Circolo di Varese il 13 novembre. "Ho iniziato la mia esperienza in un ambiente totalmente nuovo – dice – le modalità di intervento e lavoro qui sono diverse da quelle che ho conosciuto durante lo studio e nei tirocini". Emily si è calata immediatamente nella realtà del reparto Covid. "Ho iniziato subito con turni da 12 ore, mi sembra giusto anche da nuova arrivata dare il mio contributo fino in fondo". E approcciare alla professione proprio in un momento come questo non è stato vissuto con ansia, ma anzi con il desiderio di rendersi utile. "Mi sono lanciata con tutta la convinzione che avevo – continua – Ho presentato la richiesta il giorno dopo la laurea e non vedevo l’ora di iniziare. Il timore lo noto più nei miei familiari e in chi mi sta intorno". Anche per Francesco Ciotti, 22enne di Comerio, sono passate meno di due settimane dalla laurea al primo giorno di lavoro, presso la Fondazione Sacconaghi Borghi che ha sede proprio nel suo paese. Francesco fa parte degli infermieri che operano in un’ala della struttura che è stata adibita ai pazienti Covid.

«Sarò sincero: il primo giorno è stato un po’ traumatico – confessa – È stato difficile capire bene cosa fare, nei giorni seguenti sono riuscito a comprendere meglio la situazione. Mi è stato utile un tirocinio che avevo svolto negli ospedali di Varese e Cittiglio". Di questi primi giorni quello che gli è rimasto più impresso è il desiderio di contatto da parte degli anziani. "Vorrebbero sempre darti un bacio e fanno dei sorrisoni grandi, ma tra me e loro c’è una barriera di due strati di plastica, tra tutone, doppio guanto, mascherina e visiera. Di noi vedono solo gli occhi e non possono toccare niente di un essere umano". Quando gli chiediamo se prova un po’ di timore ci spiega che è inutile preoccuparsi perché la prevenzione è tanta. "Nella nostra struttura come personale siamo molto protetti. Prudenza sì, ce ne vuole tantissima, paura invece no". Anche Juledi Hoxhaj, 23 anni di Varese, ha scelto di iniziare da una Rsa: da una decina di giorni è in servizio alla Fondazione Molina. "Lavoro nel reparto subacuti – spiega – una zona filtro in cui teniamo i pazienti Covid negativizzati per un periodo di sorveglianza di 10-15 giorni per capire se si ripositivizzano o se restano negativi". Anche per lei cominciare subito a lavorare è stata un’esperienza particolare. "È stato molto diverso dai tirocini a cui ci siamo abituati negli anni, bisogna fare molta attenzione a tutto, però è una bella sfida". Per Juledi questo lavoro è un sogno che si avvera. "Sin da piccola ho voluto essere un’infermiera, per mia indole riesco ad approcciarmi molto con i pazienti. Mi piace lavorare con gli anziani, sentire le loro esperienze e i loro vissuti".