Ginnastica, dodici anni di silenzi: "Atlete trattate in modo disumano"

L’accusa di una madre: cadute nel vuoto le denunce presentate a società e Procura federale nel 2010

Ginnastica ritmica (foto d'archivio)

Ginnastica ritmica (foto d'archivio)

Varese - Un vero e proprio film dell’orrore. Una sceneggiatura scioccante, con al centro bambine tra i nove e i dieci anni. Tutto messo nero su bianco in denunce ed esposti. Tutto, poi, chiuso in un cassetto per anni. "Voglio raccontarle di una bambina di appena dieci anni e 26 kg di peso, compagna di mia figlia, portata da sola in una palestrina, lontano da occhi indiscreti (che pur, per errore, hanno visto…) e lì presa a calci, sollevata da terra per i capelli, minacciata e insultata", scriveva nel 2010 Barbara, una mamma coraggiosa, dopo quanto vissuto con la sua piccola in una società di punta del Varesotto. Lo scriveva al presidente della società. Prima della Procura Federale.

«E ancora potrei parlare di urla e minacce, di borse lanciate addosso a bambine non ancora adolescenti. Voglio raccontarle dell’ordine impartito a bambine normopeso o sottopeso di perdere un chilo (quando va bene) entro la fine della settimana, pena la non partecipazione alla gara in programma. Voglio raccontarle dei materassoni messi davanti alle vetrate, per impedire ai genitori attoniti di vedere tutto quello che accade in pedana. E ancora delle perizie psicologiche, dei referti medici, dei temi scritti a scuola dalle nostre bambine". Proprio da un tema scritto da sua figlia in classe, il primo campanello d’allarme: "Mi hanno chiamata a scuola – ricorda la donna – perché in un tema scriveva della paura vissuta in palestra, di grida e punizioni. Mi sono allarmata". E ha iniziato a cercare di capire, scoprire. Rompendo la bolla di silenzio. Aprendo un varco nel bunker. "Voglio raccontarle di tutte le atlete, grandi e piccole, talentuose e principianti, che ho visto trattare in modo disumano, con insulti, minacce, umiliazioni di ogni tipo – denunciava ancora nella lettera -. Degli abbandoni, sempre più frequenti, del via vai di tecnici e dirigenti da una società sportiva che ogni giorno che passa perde di credibilità. Perché non esiste una classe dirigente, solo la dittatura assoluta di una semplice allenatrice, seppur titolata e spesso vincente".

L’anno dopo , nel 2011, la denuncia alla Procura Federale: "Io avevo deciso di trasferire mia figlia ad altra società perché avevo rilevato un grande disagio da parte sua nella frequentazione degli allenamenti – la sua testimonianza -. In particolare aveva manifestato malesseri, problemi a scuola per i quali ero stata chiamata dai professori, incubi notturni che a fatica sono riuscita a ricollegare alla situazione vissuta in palestra essendo lei riluttante a parlare della questione". Il tentativo di liberarla da quelle catene, portandola in un’altra società. Bloccato però, per questioni burocratiche, di vincolo sportivo (che negli anni ha causato una vera e propria "tratta di cartellini" in tutte le discipline, e dal 2023 dovrebbe essere abolito). "Da qui la mia denuncia alla Procura Federale, che è stata archiviata", racconta Barbara. "All’esito delle indagini svolte – scrisse il procuratore nella richiesta di archiviazione - e preso atto che sostanzialmente la tesi accusatoria si fonda sulla mancata conoscenza della normativa federale da parte delle esponenti, addebitando tale circostanza alla Società sportiva, considerato che l’art.7 del Regolamento di Giustizia e Disciplina, non prevede l’ignoranza della legge e dei regolamenti quale causa di addebito altrui o di proprie giustificazioni; che pertanto l’impostazione accusatoria degli esponenti, indipendentemente dalla veridicità in fatto, appare infondata in diritto".

Dei maltrattamenti segnalati nemmeno un cenno: "Hanno archiviato il discorso dell’illecito tesseramento ma dovevano aprirne uno disciplinare... e non l’hanno fatto", sottolinea la donna. "Io non ho nessuno spirito vendicativo, ma è giunto il momento di una riflessione sull’agonismo precoce, perché un sistema che si accanisce così su bambine di 9 e 10 anni, e non solo nelle società di vertice, è un sistema malato".