Varese, su “La Quiete” è ancora tempesta: dopo i sigilli arrivano gli arresti

Il fermo degli ex gestori in Calabria torna a scuotere la città

Un  presidio dei dipendenti della clinica prima dei sigilli

Un presidio dei dipendenti della clinica prima dei sigilli

 Varese, 22 giugno 2018 - «Non siamo affatto stupiti di questi arresti. La giustizia sta facendo il suo corso e siamo certi arriverà a fare piena luce su tutte le vicende che hanno coinvolto A.C. e G.R.». Davide Farano, ex dipendente della casa di cura La Quiete e ex rappresentante sindacale dei circa 70 lavoratori che sono rimasti senza lavoro dopo il naufragio dello storico presidio sanitario varesino, commenta così l’arresto di C. e R. avvenuto ieri mattina su mandato della procura della Repubblica di Reggio Calabria. Ironia della sorte a coordinare le indagini è il pubblico ministero Massimo Baraldo, gallaratese d’origine che per anni ha operato in provincia di Varese come sostituto procuratore prima a Busto Arsizio, poi nel capoluogo. «Ancora però non ci spieghiamo – continua Farano – come queste persone possano essere riuscite a operare a Varese, allungando i loro interessi su una struttura storica, un’eccellenza quasi secolare della sanità varesina».

La Quiete è stata al centro di una vera e propria resistenza. Il gruppo di A.C. la acquistò in seguito a un fallimento, ma non versò mai quanto interamente dovuto al fallimento stesso. Il tribunale, davanti alla posizione assolutamente morosa del gruppo, applicò la legge mettendo sotto sfratto l’attività. E qui Varese alzò la testa: i dipendenti occuparono la clinica per 5 mesi, continuando a prestare servizio (nonostante i mesi di stipendi arretrati) a prezzi calmierati e in alcuni casi a livello gratuito, pur di dimostrare quanto la struttura fosse una risorsa preziosa per la città. I politici locali, regionali e nazionali si schierarono al loro fianco cercando soluzioni. E i varesini stessi si strinsero attorno ai lavoratori. Tutto inutile. Nessuno acquistò la clinica: il 31 maggio arrivarono i sigilli. Le tre società che vi operavano, tutte riconducibili a A.C., sono oggi fallite. A luglio La Quiete andrà all’asta.

E su questo punto interviene Marco Pinti, consigliere varesino (Lega), che fu il solo amministratore che occupò la clinica con i lavoratori combattendo al loro fianco. Pinti presenterà una mozione in consiglio comunale chiedendo «In primo luogo di monitorare con attenzione la struttura – spiega – un immobile di pregio in una delle zone più belle della città. Una struttura chiusa da oltre un anno: non vorremmo potesse trasformarsi da gioiello in luogo degradato». Il secondo punto riguarda la destinazione dell’area: «Che deve rimanere a vocazione sanitaria. La Quiete è stata un’eccellenza e una risorsa fondamentale per Varese». E nella mozione si chiederà «Al curatore fallimentare di determinare il prezzo d’asta pensando anche all’opportunità di riconnettere l’edificio al sistema socioassistenziale della città». Le precedenti aste sono andate deserte perché il prezzo di 8milioni di euro era troppo elevato. Una cordata di imprenditori varesini era pronta a formulare un’offerta di oltre 6 milioni. Ma il ribasso d’asta, minimale rispetto all’offerta, rese vano il tentativo di salvataggio della casa di cura.