Promoter uccisa: Vito Clericò, vicino mite e assassino spietato

Delitto Re: dopo il suicidio del pensionato in carcere, resta aperta la posizione della moglie Alba. Il mistero dell’eredità ricevuta nel 2002

I rilievi nella villa di Vito Clericò

I rilievi nella villa di Vito Clericò

Castellanza (Varese), 1 dicembre 2020 - Il denaro che l’amica aveva dato in custodia sperperato. La scelta di ucciderla pur di non restituirlo. Quella strana eredità ricevuta da un’anziana ospitata in casa quando la moglie faceva la badante. E, in chiusura della sua vicenda terrena, una lettera in cui se la prende con la giustizia. Sono queste le tappe del micidiale “flirt” con il crimine di Vito Clericò, il 67enne morto suicida l’altro ieri pomeriggio nel carcere di Busto Arsizio, dove stava scontando l’ergastolo per l’omicidio e la decapitazione della promoter Marilena Rosa Re, 58enne di Castellanza.

L’uomo si è soffocato nei bagni ingoiando alcuni sacchetti dell’immondizia. A raccogliere i cocci della macabra vicenda, resta la moglie, Alba De Rosa, ancora indagata con le accuse di sequestro di persona e occultamento di cadavere. Un’amicizia finita in tragedia quello fra Clericò e Marilena, incontrata al supermercato anni prima, a Garbagnate Milanese, quando il killer lavorava nel reparto gastronomia, mentre la sua futura vittima era impiegata come promoter.

La donna, felicemente sposata, avrebbe provato subito simpatia per Vito. Aveva conosciuto anche la moglie, fino ad arrivare a decidere di affidare loro una borsa con circa centomila euro, soldi derivanti dalla vendita di una proprietà di famiglia, che voleva tenere per il futuro, concedendo loro di usarne una parte a patto di restituire quanto preso “in prestito”. "Le volevo bene", ha sempre dichiarato durante gli interrogatori Clericò, tra le lacrime. Quel sentimento non sarebbe stato sufficiente a fermare la sua furia assassina. La mattina del 30 luglio 2017, a quanto ricostruito dagli investigatori, Marilena e Vito si sentirono al telefono. La donna da qualche settimana aspettava di poter riavere il suo denaro, ormai nelle mani della coppia di amici da parecchio tempo. Quella somma, però, sembrava scomparsa nel nulla. A quanto emerso Clericò finse di essere pronto a restituire i soldi e si presentò a casa dell’amica. Marilena uscì senza dire a nessuno dove sarebbe andata, sparendo apparentemente nel nulla. Il cellulare lanciò l’ultimo segnale proprio a Garbagnate e quella telefonata fu cristallizzata nei tabulati.

Fu così che i carabinieri coordinati dal pm Rosaria Stagnaro bussarono alla porta dei Clericò. Il cellulare di Vito misteriosamente scomparso, “vaporizzato” da una fantomatica aspirapolvere, i pantaloni di lui sporchi di sangue trovati in lavatrice, non ancora lavati, giustificati con una “mattanza dei conigli”, misero marito e moglie subito al centro delle indagini. Trascorsero due mesi. Il corpo della donna non si trovava. I cani molecolari fiutavano tracce tra casa, auto e orto ma non riuscivano a individuare il cadavere. La sera dell’11 settembre si comprese il motivo: il corpo decapitato era stato seppellito da Clericò nell’orto, sotto due metri di terra e letame. Fu lui a indicare il punto esatto dove scavare. "L’ho sepolta io, ma l’ha uccisa un uomo corpulento che è venuto nel mio terreno per minacciarla", fu la sua prima versione. Ne seguirono altre sei, tutte diverse, fino alla confessione.

Trascorse altre settimane, la testa di Marilena fu rinvenuta in un campo, in un sacchetto di plastica tra i rovi. L’autopsia rivelò poi che, dopo essere stata colpita mortalmente alla testa, Marilena era stata trascinata, decapitata e chiusa nella buca a suon di calci. Resta sullo sfondo la figura della moglie di Vito Clericò, le cui responsabilità sono ancora al vaglio degli inquirenti. Durante le indagini emerse anche il testamento olografo di una donna di 76 anni che dal 1997 fino alla morte, nel 2002, fu ospitata a casa della coppia. L’anziana lasciò tutti i suoi averi a De Rosa e Clericò.