Uccise il padre: solo parziale l’incapacità d’intendere, Biggiogero andrà a processo

Alberto Biggiogero era seminfermo mentalmente al momento dell’omicidio del padre. Potrà, quindi, rispondere dell’accusa di omicidio che gli è rivolta

Alberto Biggiogero

Alberto Biggiogero

Varese, 27 aprile 2018 - Alberto Biggiogero era seminfermo mentalmente al momento dell’omicidio del padre. Potrà, quindi, rispondere dell’accusa di omicidio che gli è rivolta. E dovrà testimoniare nel processo d’appello per la morte di Giuseppe Uva, l’amico deceduto nel giugno 2008 dopo aver trascorso parte della notte nella caserma dei carabinieri di Varese. Secondo la procura generale di Milano, infatti, Biggiogero resta un testimone chiave nella vicenda. Due udienze ravvicinate: il 15 maggio Biggiogero comparirà davanti al gup di Varese per il parricidio che ha confessato. Il giorno dopo dovrebbe essere sentito a Milano, in Corte d’assise d’appello per il processo Uva.

La Procura di Varese ne aveva chiesto a luglio il giudizio immediato per il delitto avvenuto in viale dei Mille, nella casa di famiglia, il 17 febbraio 2017: Alberto prese un coltello da cucina e colpì tre volte il padre 78enne, Ferruccio. A giorni è atteso, finalmente, l’esito della perizia eseguita sul presunto assassino, su richiesta del suo avvocato Stefano Bruno.Gli specialisti, stando a indiscrezioni, reputerebbero Alberto semi incapace di intendere e di volere al momento dell’omicidio. E capace di stare in giudizio.

Il primo a parlare di semi infermità per Biggiogero è stato il suo legale, sulla scorta di una consulenza inviata alla Procura. In quel documento viene analizzata la situazione familiare: i rapporti tra Alberto e il padre, ma anche il momento vissuto dall’imputato all’epoca dell’omicidio. Biggiogero, infatti, stava cercando di disintossicarsi dalle droghe. Un processo che, secondo la difesa, aveva inciso profondamente sul suo umore, impedendogli di compensare le sue debolezze attraverso la dipendenza. Una mancanza tale, almeno questa è l’ipotesi, da far scattare il raptus omicida. La seminfermità, secondo la difesa, sarebbe da circoscrivere al periodo della disintossicazione e al solo ambito familiare.

E qui entra in gioco il secondo processo in cui è coinvolto Biggiogero, stavolta nelle vesti di testimone, ovvero quello riguardante la morte di Giuseppe Uva, il 43enne morto nel giugno del 2008 che proprio con Alberto aveva trascorso gran parte della sua ultima giornata in vita. Biggiogero ha già testimoniato nel dibattimento di primo grado, conclusosi con l’assoluzione di sei agenti di polizia e due carabinieri. Ora, essendo capace di stare a giudizio secondo quello che affermerebbe la perizia chiesta nell’ambito dell’inchiesta per l’omicidio del padre, potrà essere sentito anche nel processo di Appello. Ma quale valenza avrà la sua testimonianza, anche alla luce dell’esito degli esami sulla sua capacità d’intendere e volere?