Area ex Isotta, spunta l’indizio: in un video la rifondazione degli spazi

Debutta il sito “Vivaio Saronno“. Al suo interno un’intervista all’archistar Cino Zucchi, incaricato di seguire la trasformazione

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Cosa ci sarà nell’Isotta Fraschini del futuro? Mentre si parla di bonifiche, del campus universitario e di progetti urbanistici in grado di ricucire la frattura tra due parti della città e di creare "qualcosa di bello" a Saronno, come hanno ripetuto in varie occasioni i nuovi proprietari dei terreni, ecco che in rete spuntano le prime suggestioni. Navigando, tra Google, Facebook e Instagram, negli ultimi giorni si può trovare la pagina Vivaio Saronno. Il sito è ancora in costruzione ma la homepage mostra chiaramente uno spazio dell’ex Isotta Fraschini, la maxi area dismessa tra via Roma e via Milano acquistata a fine 2019 per essere trasformata in un "bene comune" - sono sempre le parole degli acquirenti - che diventi un’occasione di rilancio per l’intera città. Cosa sarà Vivaio Saronno? Per il momento non ci sono certezze ma sulla vicenda aleggia ancora una buona dose di pathos, alimentato anche dalle immagini a disposizione su internet.

Ci sono vedute sceniche di alcuni spazi dell’ex area dismessa, un bel logo che propone in modo stilizzato alcuni spazi iconici dell’ex Isotta Fraschini. C’è anche una definizione di quello che punta a essere il piano di Vivaio Saronno. "L’opposto della città dormitorio - si legge nel sito - Rimanda alla luce, non parla di cemento, né di parcheggi ma di natura, di rilancio, di qualcosa che nasce". Facile quindi pensare che si tratterà di uno spazio destinato alla vita culturale e sociale della città di Saronno. Del resto è pacifica la volontà della proprietà di regalare il prima possibile, dopo tutti gli interventi del caso, uno spazio culturale e aggregativo alla città. Il primo vero contenuto di Vivaio Saronno è l’intervista a Cino Zucchi, l’archistar incaricata dalla proprietà, rappresentata da Giuseppe Gorla e Angelo Proserpio, di seguire il recupero dell’ex Isotta Fraschini, che parla di aree dismesse. Sono sei minuti fitti di dichiarazioni in cui si presentano le aree dismesse come occasioni.

"Al cadere della loro funzione - dice il professionista - ci troviamo di fronte a recinti impenetrabili, quasi la fabbrica fosse un’organizzazione militare, chiusa su se stessa, il cui accesso al cittadino è precluso. Ma le peculiarità che le riguardano, come la dimensione, la posizione e la questione ambientale, ci costringono a un pensiero nuovo. A una rifondazione, attraverso nuovi modelli di spazio pubblico, verdi, che rigenerino l’area urbana". Particolarmente interessante sul finale l’ipotesi di spazi pubblici di nuova generazione che accolgano i nuovi stili di vita, anche in chiave post Covid, visto che l’emergenza sanitaria ha posto nuove domande sull’uso degli spazi privati ma anche pubblici delle città. Insomma all’interno dell’ex Isotta Fraschini non sono al lavoro solo esperti e geologi che cercare di capire la composizione del terreno, le necessità di bonifica e le condizioni di stabilità dei capannoni esistenti. Si lavora anche per restituire alla città spazi storici, ripensati per rispondere al meglio alle esigenze e ai bisogni contemporanei.

Sara Giudici