Domenico Cutrì si trova in isolamento nel carcere di massima sicurezza di Opera, nel Milanese. La sua fuga, interrotta in 8 secondi dal blitz delle teste di cuoio dei carabinieri, è durata sei giorni

di GABRIELE MORONI

Inveruno (Milano), 10 febbraio 2014 - «PENSO solo a mio fratello ucciso per me». L’uomo con il maglione a righe e una sciarpa grigia al collo socchiude gli occhi ancora offesi dalla luce improvvisa e violenta, e si chiude in un silenzio pneumatico. Domenico Cutrì, all’ergastolo per omicidio, è rimasto un uomo libero per cinque giorni, da quando, lunedì, un commando guidato dal fratello Antonino lo aveva liberato attaccando il furgone della polizia penitenziaria al tribunale di Gallarate. Mentre Domenico s’involava, Antonino rimaneva sul terreno.

LE 2.35 della scorsa notte. Una sessantina di carabinieri, fra Gis, Ros e militari del comando provinciale e del reparto operativo di Varese, circonda una palazzina in ristrutturazione in via Villoresi 23, a Inveruno, 8.500 abitanti nell’Alto Milanese. Domenico Cutrì ha trovato nel suo paese, a pochi passi dalla casa dei genitori, l’ultimo rifugio. Gli è rimasto accanto l’amico d’infanzia Luca Greco, 35 anni, il «Franco» del gruppo di fuoco. Le teste di cuoio entrano in azione. Una carica esplosiva fa saltare la porta d’ingresso, con la chiave nella toppa. Vengono esplose delle flashbang, granate assordanti e accecanti che per cinque secondi rendono impossibile la visione. I due fuggiaschi dormono su un divano. Accanto a Cutrì una 357 Magnum con il colpo in canna. Immobilizzati. Ammanettati. È finita.
Storia di giornate convulse. Mattina di mercoledì 5 febbraio. Un villino a Viganallo di Sotto, frazione di Cellio, minuscolo centro della Valsesia. Antonino Cutrì ha predisposto tutto con maniacale precisione per accogliere e ospitare il fratello e la banda: abiti, derrate alimentari, una videoteca con film d’azione e pellicole per il bambino della sua fidanzata, una foto che li ritrae insieme come benvenuto al fratello.

MA NINO è morto. A Mimmo quella sistemazione non piace. Lì non si sente sicuro, lui che è maniaco della sicurezza, al punto che in casa dei genitori ha stipato in uno scatolone una dotazione di telecamere. Ordina il «rompete le righe». Con lui ci sono i componenti del gruppo di fuoco di Gallarate: Daniele, il minore dei fratelli Cutrì; Luca Greco, amico d’infanzia a Inveruno, devoto (è uscito con una condanna a tre anni dal processo che ha visto Domenico blindato all’ergastolo per l’omicidio di un giovane polacco); Davide Cortesi di Corbetta; Danilo Grasso e Christian Lianza, di Magenta. C’è Carlotta Di Lauro, la compagna di Nino, con il suo piccolo di cinque anni.
Daniele Cutrì e Carlotta tornano dai genitori e vengono fermati. Cortesi, Grasso e Lianza si fanno avvistare dal vice sindaco di Cellio mentre abbandonano una valigia in campagna. L’uomo chiama i carabinieri. Quando arrivano alla villetta, Domenico e Luca hanno preso il volo da poco. Greco conosce un geometra suo coetaneo di Inveruno, Franco Cafà, piccolo impresario edile. È lui a mettere a disposizione l’alloggio di via Villoresi, ci ha lavorato per la ristrutturazione.

VENERDÌ. Domenico Cutrì, Luca Greco e Franco Cafà sono insieme. Greco chiede a Cafà il cellulare. Inizia una telefonata e passa il telefonino a Cutrì. I carabinieri sanno quanto sia importante monitorare la cerchia dei Cutrì. Sono in ascolto, capiscono che quella che ascoltano è la voce dell’evaso. Sabato pomeriggio. Franco Cafà viene intercettato a bordo di una station wagon nelle vicinanze di un centro commerciale di Buscate. Torchiato per cinque ore, crolla. Verso le nove di sera l’operazione. Mentre Cafà è in carcere per favoreggiamento, i carabinieri vanno a prendere Mimmo Cutrì.