Videogiochi solo per giovani e maschi? Una nuova ricerca svela che non è così

Con l'evento Villa Futura, l'agenzia di comunicazione Hearts & Science presenta uno studio che abbatte i luoghi comuni e i falsi miti più diffusi sul mondo del gaming

La ricerca rivela che quasi metà delle persone che giocano ai videogame sono donne

La ricerca rivela che quasi metà delle persone che giocano ai videogame sono donne

Milano, 29 settembre 2022 - Tutto quello che comunemente pensiamo sui videogiochi è sbagliato. Ad esempio no, i videogiocatori non sono tutti giovani e maschi. Ma questo è solo uno degli stereotipi sul mondo del gaming sfatati da Villa Futura, l’evento di Hearts & Science - agenzia di comunicazione di Omnicom Media Group - che ha realizzato una ricerca per mettere in luce gli aspetti più inediti legati a un’industria che sta conquistando sempre più utenti. 

I numeri del gaming

222 miliardi di dollari. È questo il valore che l’industria del gaming potrebbe raggiungere entro fine anno a livello globale. Un mercato, quello dei videogiochi, che sta registrando continue crescite e che riguarda anche il nostro Paese. Secondo l’ultimo report della Italian Interactive Digital Entertainment Association, l’associazione italiana dell’industria dei videogiochi, in Italia videogiocano circa 16,7 milioni di persone, cioè il 38 per cento della popolazione. 

A trainare la crescita del gaming c’è sicuramente la diffusione dei dispositivi mobili e degli smartphone, che “ormai hanno una penetrazione più alta della televisione”, afferma Emanuele Giraldi, Managing Director di Hearts & Science. Il mobile gaming, infatti, rappresenta circa il 60 per cento della quota di mercato. 

L’altro fattore chiave è l’evoluzione tecnologica: “Il mondo delle console e dell'intrattenimento ha fatto passi da gigante. Dispositivi come la Wii e la Nintendo Switch hanno introdotto grandi cambiamenti, dando la possibilità a più persone di giocare insieme nello stesso momento. Ma pensiamo anche alla realtà aumentata, una tecnologia che da un lato ci permette di vedere come un divano starebbe nel nostro salotto, ma che dall’altro ha creato un caso come quello di Pokemon Go, un gioco che ha portato le persone a fare degli spostamenti nel mondo reale che in altre situazioni non avrebbero fatto”. 

Il profilo dei gamer

Il luogo comune vuole che i tipici videogiocatori siano ragazzi giovani e soprattutto maschi. Ma proprio qui la ricerca di Hearts & Science fa emergere il primo dato in controtendenza rispetto al pensiero comune: il mondo del gaming coinvolge diversi generi e fasce d’età. In particolare, più di un quinto (il 23 per cento) delle persone che videogiocano in Italia ha un’età compresa tra i 45 e i 64 anni, mentre sono 7,3 milioni, quasi la metà del totale, le donne che si dedicano a questa attività. Tanto che sarebbe più corretto pensare al gaming come un vero e proprio ecosistema che come a un fenomeno di nicchia.

I gamer siamo noi, sono le persone normali”, commenta Giraldi: “Se prima si pensava che il gamer fosse un ragazzo nella sua cameretta a giocare con la console, in realtà i dati dicono altro: si tratta di una popolazione di quasi 17 milioni di persone, un target di massa e trasversale. Parlare di gamer oggi è come parlare di amanti della musica o del cinema, sostanzialmente tutti. Si tratta di un popolo mainstream, e la nostra ricerca vuole proprio evidenziare la massificazione del fenomeno del gaming”. 

Ma cosa c’è dietro la crescita dell’universo dei videogiochi? Secondo Giraldi, oltre alla diffusione degli smartphone e dei dispositivi mobili, “all’interno dei quali le piattaforme di gioco sono molto diffuse” e che “hanno avvicinato al mondo del gaming anche le persone più adulte”, c’è anche “un aspetto generazionale, perché i ragazzi di 30 anni fa ora sono genitori, ma continuano a fare le cose che facevano quando erano più giovani”.

Ad accomunare tutti i profili dei videogiocatori c’è la voglia di evadere e di passare il tempo: in questo senso, il gaming è diventato un fenomeno che si affianca a tutte le altre attività di svago che facciamo quotidianamente, come ad esempio guardare le serie TV. “Si può giocare per motivi diversi”, spiega Giraldi, “perché c’è chi vuole mettere alla prova le proprie abilità oppure chi cerca una valvola di sfogo. Non è una questione d’età, le motivazioni che ci spingono a giocare sono la vera discriminante”.  

Tuttavia la ricerca evidenzia che le differenze d’età o di genere possono influenzare le scelte e l’approccio delle persone ai videogiochi: “Abbiamo osservato che i più giovani tendono a giocare in compagnia, in media per un paio di giorni a settimana e per periodi lunghi, perché amano la socialità e cercano storie in cui immergersi; le persone più adulte, invece, tendono a giocare da sole, tutti i giorni ma per poco tempo, alla ricerca di un passatempo”, aggiunge Giraldi. 

Quale futuro per l’industria dei videogiochi?

Tra le nuove tendenze che investiranno il mondo del gaming, c’è quella degli eSports, cioè tutte le competizioni di videogiochi svolte a livello agonistico da giocatori professionisti. Secondo la ricerca di Hearts & Science, sono infatti più di 1,6 milioni le persone che si cimentano in tornei sportivi, dance competition e giochi di strategia. 

“È una tendenza che si sta diffondendo soprattutto tra i giovani, visto che allenarsi per le partite a livello professionale richiede molto tempo”, spiega Giraldi, “ma è un fenomeno in crescita: si stanno formando perfino le prime scuderie di giocatori professionisti e di procuratori degli eSports, proprio come succede nel calcio”. 

Trattandosi di un campo ancora in parte inesplorato, lo spazio per crescere c’è. In questo senso, bisogna sottolineare anche che “tutto il mondo dello sport [del mondo reale, Ndr] sta cominciando a costruire il suo alter ego virtuale. Alcune squadre come Inter, Roma e Milan stanno investendo in attività legate al mondo degli eSports, e penso che il fenomeno si estenderà a molte altre squadre e molti altri sport”. 

Nel futuro del gaming, inoltre, c’è una sempre maggiore contaminazione con il mondo reale:  “Il fenomeno si chiama gamification, cioè il portare dinamiche di gioco in diversi aspetti delle nostre vite” aggiunge Gilardi. Facciamo un esempio? “Se un’azienda ha l’obiettivo della sostenibilità, può creare dei giochi che incentivino i dipendenti a compiere gesti a favore dell’ambiente. Il vantaggio è doppio, perché per le sue azioni il dipendente ottiene una ricompensa, mentre il datore di lavoro ha un mezzo in più per raggiungere i propri obiettivi”.