di Mauro Cerri

Gaggiano, 10 settembre 2013 - Un pezzo di storia affacciato su una strada di paese. Una testimonianza unica e sorprendente. Meriterebbe un’indicazione su un cartello o quantomeno una citazione in una guida turistica l’impresa di Emilio Grassi, contadino gaggianese di 63 anni, con una passione smisurata per la storia. Così smisurata da decidere di comprare un pezzo del muro di Berlino ed esporlo all’ingresso della sua casa-museo a San Vito di Gaggiano, dove meridiane, vecchi trattori e bizzarri dipinti catturano puntualmente l’attenzione dei passanti.

Il muro, dicevamo. Sul lato ovest del monoblocco, alto 3,6 metri e largo 120 cm, resistono ancora i graffiti originali in vernice spray. «Qualcuno dice che sono stati i vandali di qui - puntualizza lui -: ma è tutta opera dei berlinesi». Per trasportare il reperto dalla Germania fino a casa ha dovuto noleggiare un tir, dopo una trafila burocratica di due anni: nel 2009 la domanda per acquistare il pezzo, costato qualche migliaia di euro, e nel 2011 l’agognato placet del municipio berlinese. Da ottobre dello stesso anno, il lastrone di cemento armato, simbolo della guerra fredda e della forzata divisione geopolitica tra capitalismo e socialismo, svetta fra le villette di via Marta Lodi, strabiliando gli automobilisti che passano da lì. «Pochi sanno di che si tratta - spiega Grassi - ma qualcuno si ferma e appena capisce scatta una foto».

Ma da dove nasce questa singolare idea? «Il nove e dieci novembre del 1989 ero a Berlino Ovest ospite di alcuni amici che insegnavano tedesco a Milano - risponde l’agricoltore, mostrando frammenti di cemento conservati in casa - e ho assistito in diretta al crollo del muro, partecipando con le mie stesse mani alla sua demolizione». Un momento indimenticabile, specialmente per chi, come lui, ha constatato da vicino le restrizioni cui erano costretti tanto i cittadini dell’Est che dell’Ovest, quest’ultimi «rinchiusi in una prigione d’oro e con un’inflazione alle stelle».

«Non ci ho pensato due volte - continua Emilio - quando, dopo l’abbattimentto, ho saputo che si potevano acquistare delle sezioni del muro, nel frattempo accatastate in varie aree della città, come merce da cui liberarsi in fretta. Ho scelto il mio pezzo, ho pagato e l’ho portato a casa con un camion: tutto in regola». Proprio come la sua esposizione a Gaggiano, giacchè il blocco, per quanto a bordo strada, si trova all’interno del perimetro della cascina. «A parte la diffidenza di alcuni compaesani, non ho avuto problemi con nessuno». Anzi, ai curiosi che vogliono saperne di più, l’eclettico Emilio non si nega, spiegando loro che «la libertà non è scontata e va difesa ogni giorno». Il messaggio affidato a quel pezzo di cemento.

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