San Donato, 15 novembre 2011 - «Dottore, sei proprio un mito. Non ho sentito niente». E’ forse uno dei complimenti più emozionanti della carriera di Mario Carminati, il cardiologo di fama internazionale che nei giorni scorsi ha effettuato un delicato intervento sul cuore del calciatore Antonio Cassano.
Sono le prime parole pronunciate dall’attaccante del Milan all’uscita dalla sala di emodinamica del Policlinico di Milano, dove Carminati è intervenuto per riparare il «forame ovale pervio», una piccola anomalia congenita che ha causato l’ischemia cerebrale di Cassano.
Primario di «Cardiologia pediatrica e cardiopatie congenite nell’adulto» del Policlinico di San Donato, Mario Carminati è uno dei cardiologi più quotati del momento. E così, a poche ore dall’infortunio, l’équipe medica di Cassano ha scelto di rinunciare al mito della medicina americana e ha alzato il telefono per chiedere aiuto a Carminati, il medico che ha all’attivo il numero più alto di interventi e la più ampia casistica di difetti cardiaci congeniti.
Impeccabile e professionale, Carminati rompe subito il ghiaccio con la sua innata ironia. «Da bambino volevo fare il calciatore - racconta -, sono interista da sempre ed è la prima cosa che ho detto a Cassano quando ci siamo incontrati, due giorni prima dell’intervento. Lui mi ha sorriso tranquillo, mentre Galliani è diventato rosso e ha fatto un impercettibile salto indietro».
Scherza Carminati, mostrando la stanchezza per quell’assalto mediatico che negli ultimi giorni non gli ha lasciato tregua. E racconta l’intervento. «Una procedura poco invasiva effettuata senza aprire il torace, sono arrivato direttamente al cuore di Cassano con un catetere cardiaco, passando attraverso l’arteria femorale. Ho posizionato il «device» (una specie di ombrellino a chiudere il piccolo foro congenito tra i due atri) e l’ho sganciato. Un intervento semplice. E’ bastata un’anestesia locale, Cassano è stato sedato solo per potergli inserire nell’esofago una sonda per il controllo radiologico».
Per Carminati chiudere quel forellino al cuore è un’impresa di routine, lui che di interventi come questi ne svolge un centinaio l’anno. Pochi secondi per puntare il cuore, 33 minuti per concludere l’intervento. Eppure, questa volta, non è stata la stessa cosa. «La pressione mediatica è stata forte, ero più teso ed emozionato di altre volte. E’ la differenza che esiste tra calciare un rigore in una amichevole o in una finale di Champions. Il tiro è lo stesso, quello provato mille volte in allenamento, ma l’emozione è più intensa».
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