Lavoratori Saipem in allarme: «Vogliamo restare a San Donato»

Cinquecento dipendenti manifestano di fronte al quartiere generale di Patrizia Tossi

Il nutrito corteo di impiegati e tecnici organizzato dalle Rsu (Canali)

Il nutrito corteo di impiegati e tecnici organizzato dalle Rsu (Canali)

San Donato Milanese, 21 novembre 2014 - «Giù le mani da Saipem, vogliamo risposte sul futuro dell’azienda». È l’appello lanciato ieri mattina dei lavoratori della Saipem, l’azienda del gruppo Eni leader mondiale nel settore dei servizi per l’industria petrolifera, che rischia di essere venduta ad un investitore straniero.

C’erano 500 persone alla manifestazione organizzata dalle Rsu, iniziata con un presidio davanti al Quarto Palazzo Uffici di via Martiri di Cefalonia e proseguita con un corteo lungo via De Gasperi. «A luglio Eni ha annunciato di voler dismettere Saipem dal core-business del gruppo – spiega Claudio Fois, delegato sindacale UilTec - e questo significa che la nostra azienda verrà venduta. Aleggiano diverse ipotesi di investitori stranieri interessati al nostro marchio: la Rosnieft dei russi, un’azienda cinese e la norvegese SubSea7. Se così fosse, il pericolo è che il quartier generale della Saipem venga cancellato da San Donato e trasferito all’estero». Cresce dunque la preoccupazione tra i 7.500 lavoratori delle cinque sedi italiane (oltre a San Donato Milanese, ci sono Fano, Roma, Vibo Valentia e Arbatax) trainate dal Terzo e dal Quarto Palazzo Uffici di Eni.

«Eni vuole vendere i pacchetti azionari di Saipem – continua Costantino Callegari, Rsu Saipem - e i nuovi proprietari non avranno nessun interesse a mantenere il quartier generale di San Donato, le nostre sedi verranno disperse e trasferite all’estero. Siamo preoccupati per il nostro posto di lavoro». Oltre ai 7.500 dipendenti italiani, ci sono 52mila persone impegnate sulle piattaforme, nei centri di stoccaggio e nei punti di estrazione dislocati in Canada, in Messico, in Asia e in Africa«Ero nelle stesse condizioni 25 anni fa – racconta Lorenza Domenichelli, impiegata dell’ufficio acquisti - quando la Saipem ha acquistato un’azienda in dismissione e ha assorbito il personale. Non è chiaro perché Eni abbia deciso di vendere Saipem, visto che i bilanci degli ultimi anni sono stati in attivo».

Le azioni sono in caduta libera rispetto a qualche anno fa. «Nel 2012 il titolo azionario di Saipem valeva 39 euro – prosegue Susanna Cariddi, dell’ufficio Expose - mentre oggi ha un valore di 13 euro». In verità, i bilanci iniziano a mostrare segni di crisi. «Nel 2013 c’è stato un passivo di bilancio 100 milioni di euro – ricorda Claudio Fois - ma è l’unica flessione negativa registrata in decenni di attività ed è dovuta alla malagestione della dirigenza. L’azienda è un’eccellenza nel settore». I lavoratori chiedono con urgenza un intervento da parte del Governo sui vertici di Saipem e di Eni per sbloccare una situazione di incertezza che rischia di penalizzare una delle migliori aziende nazionali. «C’è un silenzio preoccupante – spiega Emanuele Cuccurullo, ingegnere di processo -: i sindacati hanno chiesto un incontro ai vertici Eni ma non hanno ricevuto risposta. L’obiettivo della manifestazione è renderci visibili e poter avviare un tavolo di confronto sul nostro futuro». La prossima mossa annunciata dai lavoratori sarà la protesta davanti al ministero del Lavoro. «Vogliamo restare a San Donato – dice Loretta Orlando, delegata sindacale e dipendente Saipem da 32 anni - alla dismissione non ci stiamo».