Bufera sanità: "Mia cara Paola, se potessi ti farei un monumento..."

Le intercettazioni che inguaiano Patrizia Pedrotti, ex direttrice amministrativa dell'azienda ospedaliera di Melegnano, tra i 21 arrestati dell'inchiesta Smile

Patrizia Pedrotti è tra le 16 persone arrestate nell’inchiesta Smile

Patrizia Pedrotti è tra le 16 persone arrestate nell’inchiesta Smile

Melegnano (Milano), 17 febbraio 2016 - A cuore di mamma trema la voce. Gli inquirenti indugiano sui dettagli, che nell’ordinanza si trasformano in indizi di colpevolezza. «Piange», scrivono. E ancora, «si commuove», parla a fatica tra i singhiozzi, intercettati pure quelli: «Mi hai reso la donna più felice della terra». Suo figlio ha appena ottenuto un impiego: di questi tempi un lusso per cui vale la pena spendere qualche lacrima. Lei è Patrizia Pedrotti: direttore amministrativo dell’azienda ospedaliera di Melegnano (ora sospesa), già direttore amministrativo a Desio e Vimercate fino al 2010, già indagata (un anno fa) per un’inchiesta che intrecciava sanità e affari. Tanto per cambiare. Dall’altra parte del telefono (siamo ai primi di aprile 2014) c’è l’amica – nonché novella datrice di lavoro del figlio – Paola Canegrati, l’imprenditrice pigliatutto che da ieri è in carcere con gravi accuse sulle spalle.

A lei sono riconducibili le aziende odontoiatriche finite nell’ennesimo caso giudiziario abbattutosi sulla sanità lombarda. Turbative d’asta, corruzione, riciclaggio, abuso d’ufficio: 21 tra arresti e misure restrittive, al centro la Canegrati con la sua Ati, la società che da almeno dieci anni spadroneggiava in mezza Lombardia vincendo appalti (pilotati, secondo gli inquirenti) per servizi dentistici in alcuni fra i maggiori nosocomi della regione. Con la «connivenza di politici e pubblici ufficiali», direttori amministrativi, direttori generali, consulenti. Come la Pedrotti, da ieri anche lei agli arresti domiciliari.

Tutti «amici della Paola», anzi qualcosa di più. «Patrizia lavora per me»: è la stessa Canegrati a dirlo, annotano sempre gli inquirenti. Le due si conoscono almeno dal 2009, anno in cui si cristallizza il primo reato contestato alla Pedrotti, all’epoca in servizio nell’azienda ospedaliera di Desio e Vimercate. Fu lei a sottoscrivere la delibera con cui fu indetta la gara d’appalto per l’assegnazione dei servizi odontoiatrici all’interno dell’ospedale. Gara per l’accusa «opportunamente pilotata» affinché fosse vinta da una società riconducibile proprio alla Canegrati, la stessa che del resto operava nel nosocomio già dal 2004.

I rapporti fra le due non si interrompono – piuttosto, a quanto pare, si rafforzano – quando la Pedrotti viene trasferita a Melegnano, con lo stesso incarico di direttore amministrativo. Ed eccoci alla telefonata intercettata nell’aprile del 2014: il figlio «della Patrizia» assunto in pianta stabile dalla efficientissima Canegrati: «Non piangere, hai un bellissimo ragazzo...», cinguetta all’amica commossa. E lei: «Potessi... ti farei un monumento, giuro». E un monumento non lo può fare, la Pedrotti, ma ha altri modiper sdebitarsi «favorendo – si legge nell’ordinanza – l’estensione del contratto di appalto già in essere tra l’Azienda Ospedaliera e la Servicedent, società riconducibile alla Canegrati, per la gestione del servizio di odontoiatria agli ambulatori di Vaprio d’Adda, Pieve Emanuele e Gorgonzola» (tutti facenti parte dell’azienda ospedaliera di Melegnano, ndr).

La Pedrotti non è un caso isolato. Fa parte di «un sistema consolidato» in cui «pubblici ufficiali mostrano totale asservimento all’ imprenditrice, sfrontatezza e facilità nel violare costantemente i loro doveri istituzionali e le norme dello Stato, svilendo la res publica in ragione del proprio personale rendiconto». Assunzioni di «amici e conoscenti», piuttosto che «favori personali», in un meccanismo corruttivo «ormai assurto a prassi».

La Pedrotti come il consulente dell’ospedale di Melegnano Piercarlo Marchetti (che dalla Canegrati si fa assumere la moglie), anche lui ai domiciliari, o il direttore generale Paolo Moroni (non coinvolto nell’ordinanza di custodia cautelare, ndr): «I tre pubblici ufficiali a servizio dell’Azienda Ospedaliera – scrivono gli inquirenti – hanno messo la propria funzione a servizio dell’imprenditrice, in un reciproco e continuo scambio di favori». Fino a essere «totalmente asserviti».