Omicidio di Corsico, è caccia ai complici

Fabrizio Butà potrebbe avere ricevuto protezione dopo l’agguato

Carabinieri sul luogo in cui è avvenuto l'omicidio, dove sono stati messi fiori

Carabinieri sul luogo in cui è avvenuto l'omicidio, dove sono stati messi fiori

Corsico (Milano), 20 giugno 2018 - Due anni fa, sul suo profilo Facebook, Michela Falcetta pubblica una foto: manda un bacio all’obiettivo. Sotto, un commento: «A me?». Lo scrive Assane Diallo, il senegalese 54enne ucciso sabato sera dal compagno 46enne di Falcetta, Fabrizio Butà. I due si conoscevano, e anche l’assassino conosceva la vittima: parlavano di economia e politica, condividevano passioni culturali, birre ai tavolini del bar Sergio (ora Ericai) e tirate di coca nei bagni. Si conoscevano, perché al quartiere Lavagna, dove Diallo è stato giustiziato con quattro proiettili al petto e sei al torace, tutti si conoscono. Butà abitava a Cisliano, con la moglie, poi tre anni fa si è separato e si è trasferito al Lavagna, in via Curiel, a trenta passi da dove ha ucciso Assane. In quartiere tutti sanno chi è Butà, anche per quei 15 anni fatti in carcere, dal 1998, per aver ucciso con un fucile a canne mozze Domenico Baratta a Milano, scambiandolo per un’altra persona. Temuto e rispettato, aveva parecchi amici in zona. Da qui partono i sospetti degli inquirenti, che non considerano ancora del tutto chiuso il caso. A partire dalla versione che Butà ha dato ai carabinieri guidati dal tenente Armando Laviola quando domenica sera si è presentato in caserma, ormai messo alle strette dalle ricerche dei militari che gli avevano fatto arrivare un messaggio: meglio se ti costituisci.

Una versione lucida, che Butà ha confermato durante l’interrogatorio di ieri mattina. «Continuava a chiedere soldi a Michela, la infastidiva. Sabato mi ha fischiato per chiedermi ancora 5 euro. Non ci ho visto più», ha ribadito davanti al gip di Milano Luigi Gargiulo che ha convalidato il fermo e disposto il carcere per omicidio. Anche Michela resta a San Vittore, accusata di favoreggiamento, concorso in detenzione illegale di armi e droga. Meno sfrontato davanti al giudice, Butà ha cambiato atteggiamento. Ai militari aveva detto che non si pentiva, ma ieri ci ha ripensato: «Mi dispiace averlo ammazzato». Intanto, le indagini dei carabinieri della Compagnia di Corsico non si fermano. Forse anche perché alcune parti del racconto di Butà non convincono. Come il fatto di aver passato la notte dopo l’omicidio al parco Cabassina, nascosto con la compagna. Butà aveva amici in quartiere: difficile rimanere soli quando si è nei guai. E qualcuno potrebbe aver aperto la porta di casa al killer e preparato un letto. Ma per ora c’è riserbo su eventuali complici dell’assassino. Confuso anche il ruolo della compagna 32enne: Butà la difende e dice che ha cercato di fermarlo, ma era al suo fianco quando ha premuto sulla testa del senegalese la canna della calibro 9. E poi, c’è quella foto su Facebook, che parla di un rapporto che forse infastidiva troppo l’omicida.