Dresano, alunni in mensa con la schiscetta. "È un diritto"

Il Consiglio di Stato dà ragione alla mamma: il figlio potrà mangiare insieme agli altri ragazzi negli spazi comuni

Mensa

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Dresano (Milano), 26 novembre 2019 -   Portare i pasti alla mensa scolastica da casa, da oggi si può. A sancirlo è il Consiglio di Stato, che il 23 novembre con un decreto di istanza cautelare ha accolto il ricorso di una mamma di Dresano, esponente politica locale, a cui era stato negato il permesso alla autorefezione per il figlio che frequenta la terza elementare presso la scuola primaria Giovanni XXIII.

La “guerra del panino” era iniziata lo scorso settembre quando, al rientro dalle vacanze estive, richiamandosi a una sentenza emessa a luglio dalla Cassazione, al piccolo allievo era stata ritirata la facoltà di portare da casa la classica “schiscetta” da consumare nei locali del refettorio scolastico. "Il primo giorno di scuola a tempo pieno – aveva denunciato la madre - mio figlio è stato portato in uno stanzino dove ha dovuto fruire del pasto dal solo, sotto la stretta osservazione della dirigente scolastica che, alle richieste di spiegazioni del ragazzo, riferiva testualmente: “Perché tua mamma non rispetta le regole e fa cose illegali”, facendogli poi pulire il banchetto su cui aveva mangiato e trattandolo come un piccolo reietto. Il bambino ha cominciato a soffrire di ansia, è agitato e va a scuola mal volentieri. Ora consuma il pranzo a casa, ma io ho querelato la scuola per “maltrattamenti verso fanciulli” e ho dato tutte le carte in mano al mio avvocato".

Sull’argomento, la dirigente scolastica non aveva voluto rilasciare dichiarazioni preferendo procedere per vie legali. L’avvocato Giorgio Vecchione, legale della famiglia, non aveva avuto dubbi: "Per effetto di una automatica e illegittima applicazione di una sentenza della Cassazione – aveva dichiarato - l’Istituto scolastico ha escluso il bambino dal refettorio costringendolo a uscire dalla scuola dopo averlo vessato e umiliato. A mio avviso, la Cassazione ha confuso l’essenza del tempo mensa con il servizio mensa, che invece è a pagamento e a domanda individuale. Nel caso specifico, si potrebbe anche configurare l’ipotesi delittuosa della interruzione di pubblico servizio".

Interpretazione accolta dal Consiglio di Stato nel decreto di istanza cautelare con cui dispone il reintegro del minore in mensa: l’autorefezione scolastica, viene sancito, è un diritto costituzionale e, come tale, deve avere pari dignità rispetto a qualsiasi altra scelta clinica, etica o religiosa. Nelle motivazioni addotte, la refezione scolastica è un servizio oneroso e facoltativo. Portare il cibo da casa, quindi, non comporta in alcun modo una modalità solitaria di consumazione del pasto, dovendo comunque essere garantita la socializzazione degli studenti. Secondo il Consiglio di Stato, spetta all’amministrazione scolastica e a quella comunale adottare le corrette procedure per gestire i rischi di interferenze ed eventuali contaminazioni alimentari fra i bambini. In pratica, devono essere gli insegnanti e il personale di sostegno a controllare che i pasti vengano consumati nella massima sicurezza.

Il decreto cautelare, seppure in attesa di un giudizio definitivo rimandato al prossimo 5 dicembre, apre la strada anche agli altri genitori che, decidendo di avvalersi della autorefezione scolastica, avevano incontrato le medesime difficoltà. "Siamo in diverse famiglie – ha dichiarato la battagliera mamma – che, pur subendo una terribile discriminazione, hanno continuato, con determinazione ed estrema dignità, a combattere per avvalersi di un loro diritto. Siamo stati sottoposti a una vera e propria gogna mediatica proprio da parte di chi, invece, i cittadini li dovrebbe tutelare. Ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuta, a loro prometto che continuerò questa battaglia".