Cusago, nel degrado la villa di Renzo Piano

L’ultima lussuosa costruzione dell’archistar rischia di essere abbattuta: troppo caro restaurarla

La villa ormai abbandonata

La villa ormai abbandonata

Cusago (Milano), 14 dicembre 2018 - Le sterpaglie invadono il vialetto. Rami spezzati, erba alta, rovi. Uno scenario da film gotico di Tim Burton. Superati i cespugli, la sorpresa: una villa a forma di parallelepipedo, con il tetto piatto e travi che formano un reticolo. Un gioiello di architettura moderna, all’avanguardia, almeno per gli anni Settanta in cui è stata realizzato. La firma del progetto, datato 1972, è dell’archistar Renzo Piano. La casa è in preda al degrado ormai da cinque anni, da quando i proprietari l’hanno lasciata dopo un pignoramento. La storia di questa villa fantasma è collegata a quella di altre quattro abitazioni, ideate e costruite per essere un grande blocco, tutte unite tra loro ma indipendenti. A commissionarle, Simonetta Bernardi, ex proprietaria di uno degli edifici, insieme ad altre tre coppie che hanno voluto rivolgersi a Piano perché "al tempo era l’unico davvero innovativo – racconta Bernardi –. Volevamo una costruzione unica, all’avanguardia e all’architetto l’idea è piaciuta".

Non è stato facile tirare su quelle villette: un cantiere durato quattro anni, proprio perché l’idea era "per l’epoca tecnologica, oggi risponderebbe a criteri di risparmio energetico, con pannelli scorrevoli e ambienti studiati per far circolare l’aria e abbassare l’umidità dovuta alle vicine risaie e al fontanile che scorre qui", ha raccontato il critico architettonico Emanuele Piccardo durante una visita organizzata da Refin, leader nelle ceramiche. L’azienda ha istituito Refin Studio, un osservatorio di architettura per valorizzare realtà dimenticate e promuovere, a Cusago, un dibattito culturale sulla questione. Il problema, infatti, è che delle quattro villette firmate da Renzo Piano, una è stata abbattuta e ricostruita in tutt’altro stile, un’altra è stata distrutta e tirata su rispettando l’estetica originale (è stato consultato lo Studio Piano), un’altra è stata riqualificata all’interno conservando l’aspetto esteriore e l’ultima è in preda al degrado. Nessuno la vuole comprare: dopo il pignoramento, tre aste sono andate deserte, tanto che il valore da oltre un milione di euro è sceso a 276mila euro. Forse anche perché questi gioielli dell’architettura di Piano, che pochissime volte si è cimentato in progetti residenziali, sono per lo più sconosciuti. Persino il sindaco di centrodestra Daniela Palazzoli ammette di esserne venuta a conoscenza solo in tempi recenti, per questo "non abbiamo potuto inserire vincoli nell’acquisto delle altre ville – spiega –. Su questa, abbiamo messo delle limitazioni di volume che impediscono di costruire edifici troppo diversi da quello originale. Non possiamo farci nulla: Piano ha rinunciato ai diritti d’autore, sono di fatto edifici che seguono norme private".

Insomma, la villa dell’archistar rischia di essere abbattuta. L’unica speranza è che qualche fondazione prenda in mano l’edificio per farne un luogo di cultura. O che possa comprarla un privato sensibile che, considerando i costi per una ristrutturazione fedele all’originale (quasi un milione di euro), oltre a essere appassionato di architettura, sia anche abbastanza facoltoso.