Nuovo tetto, vecchi guai nel quartiere "enclave" tra Corsico e Cesano Boscone

Topi, piccioni morti e degrado: la protesta corale dei residenti al quartiere Lavagna

Al Quartiere Lavagna sempre i soliti problemi: topi, muffa e locali abbandonati

Al Quartiere Lavagna sempre i soliti problemi: topi, muffa e locali abbandonati

Corsico (Milano), 15 giugno 2017 - All'angolo del supermercato chiuso c’è una scatola blu con un buco. Dentro, un’esca. Il topo la mangia e poi va a morire a pochi metri dalla trappola. Ma i pochi metri dalla trappola sono quelli che separano il supermercato dalle finestre dei palazzoni. Quartiere Lavagna, via Curiel. La chiamano l’enclave di Cesano Boscone: al di là del marciapiede è già territorio cesanese. Qui negli anni Settanta hanno costruito i palazzi, la scuola, ci hanno aggiunto i servizi. Un piccolo quartiere per rispondere alle esigenze abitative di una città che cominciava a popolarsi. Ha preso in mano tutto Aler, anche il supermercatino che fino agli anni Novanta era il punto di riferimento per le mille famiglie del quartiere. Chiuso ormai da oltre 15 anni, il super è caduto nel degrado totale, trascinando intorno a sé tutto un quartiere. «Anno dopo anno è andato a pezzi. Inutili le segnalazioni, le richieste di intervento. Viviamo nella sporcizia, nella muffa, in mezzo ai rifiuti», racconta Nina Blanchetti. Di fianco all’ex supermercato, sopravvive la farmacia, un panettiere, una cartoleria e un bar. Le vetrine raccontano negozietti di quartiere, ma basta fare il giro nella parte dietro per trovare sacchi rotti, materassi piegati in due, cocci di vetro, stracci. I muri spogliati dell’intonaco, neri di muffa. In una piccola fioriera qualcuno cerca di dare vita a delle piantine. Di fianco, un abitante raccoglie un piccione stecchito. «Ce ne sono a decine – interviene Arturo Fabbri – tutti morti. Fanno compagnia ai topi che girano. E chissà cosa c’è dentro al supermercato».

Blindato, nessuno osa entrare. Gli operai di Aler sono intervenuti un mese fa per scoperchiarlo. «Hanno tirato via il tetto e messo quello nuovo, dopo anni di lotte. Però il resto della struttura rimane qui, a cadere a pezzi», si lamenta Emi Braghieri. Era il tetto del supermercato che faceva paura. «Fino a qualche anno fa ci avevano detto di stare tranquilli, che non era pericoloso. Poi però sono arrivate le carte, la valutazione del rischio, fatta dall’azienda Pragma», ricorda Francesca Dossena. L’amianto c’era, eccome. E andava tolto entro 12 mesi. Il documento chiariva per punti l’indice di degrado. Nella scala usata, 45 è il punteggio che indica la rimozione urgente, entro un anno. In via Curiel l’indice era 64. La valutazione era del 2015, gennaio. «Abbiamo dovuto aspettare anni, nonostante una situazione grave, certificata. Ora che abbiamo ottenuto la rimozione del tetto dobbiamo aspettare altri 15 anni per vedere il quartiere pulito?», chiede Felix Pasquale.

Qui al Lavagna hanno vissuto per anni con la paura. Qui dove in un solo palazzo ci sono stati 7 morti di tumore su 20 famiglie. Un terzo. «Non possiamo avere le prove del legame, ma si sa che l’amianto è pericoloso. Noi ce lo siamo respirati per anni. Hanno dato fuoco alla struttura tre volte. Il tetto in frantumi, piccioni che salivano sulla copertura e poi venivano a morire sui nostri balconi. Anche se l’amianto non c’è più, il degrado non migliora la situazione per la nostra salute», prosegue Blanchetti che chiede una mano all’amministrazione. «Deve intervenire Aler, lo sappiamo. Ma neanche ci rispondono. Abbiamo bisogno di aiuto, non possiamo più vivere tra immondizia e sporcizia». Il Comune risponde di «aver chiesto ad Aler di effettuare una pulizia straordinaria dell’area. Ignoti hanno abbandonato rifiuti di vario genere. Nel frattempo – proseguno dall’amministrazione – abbiamo fatto rimuovere i cestoni in cemento danneggiati e posizionato quelli nuovi». Gli abitanti non intendono deporre le armi in una battaglia che dura da 15 anni. «Per quanto ancora dovremo vivere così? Ormai siamo tutti anziani – chiude Blanchetti –, cosa dobbiamo fare? Aspettare di morire in queste condizioni?».