Cerro, passo avanti per la bonifica dell'ex Saronio

La Regione vuole risanare il terreno militare contaminato da arsenico e mercurio prodotti durante il fascismo

La torre con l’aquila fascista campeggia sul terreno di cui l’esercito è ancora titolare

La torre con l’aquila fascista campeggia sul terreno di cui l’esercito è ancora titolare

Cerro al Lambro (Milano), 25 febbraio 2020 - Quarantacinquemila metri quadrati di terreno contaminati da arsenico e mercurio. Nella bonifica dell’ex impianto militare della Saronio a Cerro al Lambro sarà coinvolta anche Regione Lombardia. È quanto emerso dall’ultimo incontro che ha raccolto attorno ad un tavolo gli enti interessati: il Comune di Cerro, l’Esercito, che ha in capo l’area, e appunto la Regione, che ha convocato la seduta e fatto da cabina di regia. Dopo che le indagini ambientali hanno evidenziato la presenza d’inquinanti, ora si lavora ad un programma che possa portare alla bonifica del terreno sul quale sorge l’ex stabilimento, attivo durante il Fascismo nella produzione di armi chimiche e dismesso da decenni. "L’obiettivo è fare in modo che quel luogo ritrovi la sua serenità, sotto ogni profilo – commenta il sindaco di Cerro al Lambro, Marco Sassi -. Il tempo degli indugi è finito, ora è il momento di prendere delle decisioni". Fa ben sperare il coinvolgimento della Regione, "che a onor del vero non si è mai chiamata fuori dalla partita – prosegue Sassi -. Sarebbe importante che questa collaborazione tra enti venisse certificata con un documento ufficiale". I prossimi passaggi prevedono l’esecuzione di una mappatura degli edifici che insistono sull’area, anche per avviare eventuali abbattimenti degli stabili più ammalorati, e il completamento delle indagini ambientali per definire i costi e le modalità di un intervento, assolutamente necessario, di rimozione degli inquinanti.

Quello di Cerro al Lambro era il distaccamento militare della Saronio, fabbrica chimica fondata negli anni Venti a Melegnano, specializzata nella produzione di solventi e coloranti. In virtù di un accordo tra i proprietari dell’azienda e Mussolini, a Cerro si sperimentava la lavorazione di aggressivi bellici: arsenico, fosgnene e una sostanza psico-attiva denominata "p". Stando ai documenti, la Saronio avrebbe dovuto confezionare anche nebbiogeni, ma non risulta che questa attività sia mai stata avviata. Terminata la produzione di armi chimiche, nel dopoguerra e fino al 1978 il sito venne usato per le esercitazioni dei militari, quindi cadde in disuso, benché la presenza della ex fabbrica, contrassegnata da una torre con l’aquila fascista tutt’ora visibile anche a chilometri di distanza, sia rimasta nei ricordi e nell’immaginario dei cerresi, specie quelli meno giovani. Per decenni su quell’area è calato il silenzio finché, anche grazie al pressing del Comune sugli enti superiori, nel 2018 è stata promossa un’indagine ambientale, con l’esecuzione di 43 carotaggi ad opera dell’Esercito. Il terreno è risultato contaminato da concentrazioni di arsenico e mercurio oltre i livelli di guardia. L’esito delle analisi ha confermato una precedente mappatura, eseguita nel 2016, che a sua volta aveva segnalato, per alcune sostanze, il superamento della soglia di attenzione.

In anni recenti il Comune di Cerro aveva accarezzato l’idea di acquisire quell’area abbandonata, per riconvertirla ad usi sociali e abitativi. Tuttavia, in assenza di garanzie sulle tempistiche e la copertura economica della bonifica da parte degli enti preposti, l’esecutivo di Marco Sassi ha preferito rinunciare a questa ipotesi. L’interessamento del Comune ha comunque avuto l’effetto di aprire una finestra su una vicenda, che sembrava dimenticata.