Buccinasco, parla la moglie del boss Papalia tra sveglie all’alba e battaglie legali

Adriana Feletti è decisa a riottenere il cortile della villa confiscato

Adriana Feletti e Rocco Papalia: lui si trova in libertà vigilata

Adriana Feletti e Rocco Papalia: lui si trova in libertà vigilata

Buccinasco (Milano), 23 marzo 2018 - «Mio marito si arrabbia subito. Poi gli passa. Ma è stanco, siamo tutti stanchi. Basta riflettori. Basta parlare di noi. Ha già pagato. Per quanto tempo ancora bisogna andare avanti? Mi creda, siamo tanto stanchi». Adriana Feletti, moglie di Rocco Papalia, ha 64 anni, poche rughe in faccia, ma il volto spento. Stanco, come dice lei. Sarà che ogni giorno si sveglia alle 4 del mattino per andare ad aprire il baretto in via Lodovico il Moro a Milano, il Pancaffè, dove «la gente entra e ride, mi dice: ma com’è che siete sempre sul giornale?» dice lei, alzando le spalle.

Il volto di chi ha passato 25 anni a badare alla famiglia, senza marito, detenuto per associazione, sequestri, traffici di droga e armi, omicidio. A crescere la famiglia, le due figlie, Rosanna, che si è spostata in Svizzera, e Serafina, che appena la madre esce di casa la segue, le dice «torna dentro, lasciateci stare». Ma la signora Feletti si siede sui gradini della porta d’ingresso. Un metro a destra c’è il cortile che vuole poter usare, «per stendere i panni, mettere l’immondizia, far giocare i nipoti», inizia a elencare. È milanese, non ha le radici nella stessa terra calabrese del marito Rocco, neanche l’ombra dell’accento del Sud. «Questa casa me l’ha comprata mio padre», indica la villetta di via Nearco per metà confiscata dove vivono i profughi minorenni di Villa Amantea, «con il sudore della fronte. Quel cortile è mio, è un mio diritto. Poi se questi ragazzi vogliono venire, la porta è aperta. Certo, ogni tanto fanno casino, verso l’una di notte, ma sono ragazzi», alza le spalle, lei che è nonna di nipotine in età da scuola elementare. Rivuole la parte di cortile che non è stata confiscata alla famiglia: «Le faccio vedere tutte le carte. Ora andranno avanti gli avvocati». Perché proprio ora vengono fuori queste richieste? Dopo quasi tre anni che i ragazzi abitano nella villetta, perché solo adesso la «quesione di principio»? «Non è giusto privarci di un nostro diritto. Poi, se vinco la causa, i soldi li do in beneficenza».

L’occasione per parlarle è la Giunta che si è radunata mercoledì nella parte di villetta confiscata. Si arrabbia anche lei, come il marito, ma cerca di calmarlo mentre diventa rovente alla vista dei giornalisti. «Vieni dentro, lascia stare – cerca di tranquillizzarlo, e però poi attacca – anche voi dovete smetterla. Ha fatto i suoi sbagli. La guida senza patente? Un errore, ma ne aveva davvero bisogno, non è mica scemo. Ha sbagliato e ha già pagato anche quello». Lo difende, e quando si nomina la parola ‘ndrangheta ha la stessa reazione del boss: «Ma quale ‘ndrangheta, mio marito ha fatto solo del bene a Buccinasco e ai suoi abitanti. Il sindaco gli ha detto che deve chiedere scusa. Di cosa? Ha aiutato tanta di quella gente. Trovatemi una persona a cui ha fatto del male. E lasciateci in pace, che se non lavoro io qui non si mangia. Ho mio marito sulle spalle. Ma è mio marito, appunto, ed è giusto che mi comporti così».