Buccinasco, bar Ritual chiuso: respinto il ricorso

Il Tar dà ragione al Comune. Bocciata la richiesta della figlia di Papalia

Il sindaco Rino Pruiti

Il sindaco Rino Pruiti

Buccinasco (Milano), 18 aprile 2019 - Si dice che i figli non debbano pagare le colpe dei padri ed è una convinzione in cui anche il Comune ha sempre detto di credere. Quando nel 2016 ha disposto la chiusura del bar Ritual di Serafina Papalia, lo ha ribadito: non era per le parentele, seppur pesanti, della 38enne titolare che era stato chiuso, ma per l’applicazione dell’interdittiva antimafia firmata dalla Prefettura di Milano.

Serafina si era opposta, ne era nata una guerra: la giovane accusava il Comune di accanimento solo per «essere figlia di». Figlia dell’ergastolano Antonio Papalia, u carciuto, padrino della ‘ndrangheta importata al Nord. A sostenere la tesi del Comune e a dichiarare che l’atto di chiusura era legittimo, è intervenuto il Tar, a cui la Papalia si era rivolta in quanto «il Prefetto, per la ricorrente, si sarebbe limitato a considerare i suoi rapporti di parentela con persone con precedenti, senza introdurre elementi concreti a sostegno del supposto pericolo di ingerenza della criminalità organizzata nella gestione del bar», si legge nella sentenza.

Non solo figlia del boss, ma anche sorella di Domenico, con precedenti per associazione mafiosa, e moglie di Giuseppe Grillo, anche lui già noto per traffico internazionale di droga, arrestato due anni fa dopo una breve latitanza, «il cui nucleo si compone di personaggi di altissima caratura criminale», prosegue l’atto che mette in evidenza come entrambi lavorassero dietro il bancone del bar, diventato ora agenzia immobiliare, dopo due passaggi dalle mani del giovane Marco Corasaniti di Catanzaro e poi della coppia Deborah Omaggio e Domenico Trimboli che lo hanno chiuso per mancanza di clientela. Quello che pesa, quindi, non sono i legami familiari, ma soprattutto «precisi intrecci economici». La Dia ha infatti sottolineato che la Papalia era anche socia dell’impresa L.M.T di Pasquale Papalia, condannato a 6 anni per l’indagine Cerberus sulle infiltrazioni mafiose nei cantieri. In più, è socia della Dream Case&Building Real Estate, «punto logistico di riferimento per gli affari della cosca Barbaro-Papalia», sottolineano i giudici.

«Il provvedimento non poggia sulla mera disamina dei legami parentali, ma considera e documenta la sussistenza di interessi economici con esponenti di spicco della ‘ndrangheta», contesti da cui non si è mai allontanata. Vittoria per il Comune: «La sentenza dimostra la fondatezza dei nostri provvedimenti - commenta il sindaco Rino Pruiti -. Non un accanimento, ma un’azione doverosa. Una sentenza per noi fondamentale, storica».