Omicidio Garlasco, Stasi da quattro mesi in carcere. Gli avvocati: "Diteci perché"

Le motivazioni della condanna nell’appello-bis non ancora depositate. "Se erano così sicuri nel condannare Stasi, perché ritardano a motivare la condanna?" di GABRIELE MORONI

Alberto Stasi con l 'avvocato Angelo Giarda  (Ansa)

Alberto Stasi con l 'avvocato Angelo Giarda (Ansa)

Garlasco, 17 aprile 2016 - «Quattro mesi di attesa senza avere le motivazioni della sentenza. Inspiegabile». Angelo Giarda, cattedratico, penalista prestigioso, guida da anni la difesa di Alberto Stasi. Anni tormentati, un percorso tortuoso. La scarcerazione disposta dal gip di Vigevano dopo pochi giorni di detenzione, all’inizio della vicenda. Assoluzione in primo e in secondo grado. La Cassazione che annulla, il ritorno in appello, la condanna. La mattina del 12 dicembre dello scorso anno la quinta sezione della Suprema Corte fissa sentenza e destini. Stasi colpevole dell’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa nella sua villetta di Garlasco il 13 agosto del 2007. Confermata la condanna a 16 anni di reclusione. Due righe pesanti. Stasi vive l’ultima mezz’ora di amara libertà. Le porte del carcere di Bollate si chiudono alle spalle dell’ex bocconiano. Perché? Lo dovranno spiegare le motivazioni della condanna. Motivazioni che ritardano.

Professor Giarda, un’attesa troppo lunga? «C’è un cittadino della Repubblica italiana in carcere da quattro mesi. Ci siamo noi, suoi difensori, bloccati».

Viene lesa l’opera della difesa? «Dal momento che non sappiamo come si sono mossi i giudici della Cassazione, non possiamo fare le nostre contromosse. Non esiste un ritardo quando si tratta della vita di un uomo. Le motivazioni vanno depositate il giorno dopo. Per il momento non sappiano che itinerario ha seguito la Cassazione per arrivare alla sentenza. E quindi non sappiamo come controbattere».

E oltre a questo? «Mi chiedo: se erano così sicuri nel condannare Stasi, perché ritardano a motivare la condanna? C’è di mezzo la vita umana, non si deve aspettare troppo. Lo ripeto: se erano convinti di Stasi colpevole, dovevano depositare all’indomani».

C’è un innocente in carcere? «Abbiamo il nostro convincimento. Le carte non portavano a nulla contro Stasi».

Come vive Alberto Stasi in carcere? «Sta cercando di adattarsi all’ambiente».

Carcere di Bollate. Terzo piano, reparto 1, cella 315. Un detenuto di 32 anni, laurea a pieni voti, commercialista da uomo libero. Alberto Stasi legge, fa attività sportiva, negli spazi consentiti gioca a tennis e ping pong, due passioni che non ha dimenticato. Si divide fra un corso di scrittura creativa e la scuola di cucina interna al carcere. A fine anno si era “raccontato” in una lettera-memoriale al nostro giornale. «Mi sembra - aveva scritto - che in casi come il mio si voglia a tutti i costi consegnare un colpevole all’opinione pubblica, senza però preoccuparsi se colui che viene indicato come tale sia effettivamente il colpevole e non una vittima di errate decisioni e aspettative. Non dimenticherò mai le parole di un ex magistrato, che alla domanda su cosa pensasse dei processi mediatici rispose: ‘il peggio possibile’. Disse che tale fenomeno condizionava sensibilmente il magistrato che si trova a decidere su un fatto già giudicato mille volte in tv da colleghi togati, giornalisti ed esperti poiché l’animo umano ha la tendenza a uniformarsi e una sentenza già scritta dai media è dannosissima».