
Mola La fuga verso l’Arabia è cominciata da tempo, il picco c’è stato nel 2022-2023. Non è una novità, dunque....
Mola La fuga verso l’Arabia è cominciata da tempo, il picco c’è stato nel 2022-2023. Non è una novità, dunque. Anzi, qualcuno (a cominciare dall’ex ct azzurro Roberto Mancini) ha già fatto il biglietto di ritorno. Ma quando gli sceicchi chiamano è difficile resistere, perché il profumo dei petrodollari è inebriante. E allora ricomincia il valzer del deserto, a suon di milioni.
Dopo la finale di Champions League si è realizzato il “sogno“ di Simone Inzaghi, che ha velocemente dimenticato la disfatta di Monaco di Baviera dell’Inter “consolandosi“ con l’ingaggio annuo da 25 milioni dell’Al Hilal. Pochi giorni fa è stata la volta dell’ex rossonero Theo Hernandez, che deve averci ripensato bene dopo il primo rifiuto: vuoi mica buttare 18 milioni a stagione contro i 4,5 percepiti al Milan? Vero, ieri ha scritto altro, scaricando le colpe sul club. Di fatto via anche lui a Riyad e tanti saluti.
Adesso è toccato a Mateo Retegui, ultimo capocanoniere del campionato con l’Atalanta e centravanti dell’Italia. Solo che a tentarlo non è stato uno dei quattro club controllati dal Fondo Pif, bensì l’Al Qadsiah, che gli ha offerto 20 milioni netti per quattro stagioni. Contratti faraonici, montagne d’oro, progetti “ambiziosi”. Il calcio è ormai un’industria capace di comprarsi tutto. Non ci sono più “bandiere“, neppure la vetrina della Champions basta per trattenere un giocatore. Perché (purtroppo) il portafoglio conta più della maglia. Alla faccia dei tifosi, gli unici per i quali la passione e l’amore per i propri colori restano una fede (calcistica) impossibile da vendere.
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