
Sandro Turotti, ds della Pro Patria
BUSTO ARSIZIO (Varese)Nel day after di Vercelli regna l’amarezza. La Pro Patria è stata costretta a dire addio alla Serie C, condannata da Alessandro Romairone, figlio d’arte: suo padre Giancarlo, anche lui attaccante, è stato un ’tigrotto’. Ripartire dalla Serie D permetterà alla Pro Patria di essere considerata una delle favorite della prossima stagione. Nobile decaduta, ma pur sempre favorita. A meno che il club non tenti la strada del ripescaggio. Ora, però, è il tempo delle riflessioni dopo la doccia fredda di sabato. Nella consapevolezza che oggi fare calcio non è semplice, men che meno nelle serie ’minori’. Ed ebbe ragione il direttore sportivo Sandro Turotti a dire, dopo la pandemia, che i veri ‘top player’ sono i presidenti. Patrizia Testa per la sua Pro Patria ha fatto sempre tutto da sola e trutto il possibile. Ha resistito fino a dicembre, quando ha dovuto cedere il 49% del club.
Dopo la disfatta del ’Silvio Piola’ contro la Pro Vercelli, Turotti si è preso tutte le responsabilità, senza però svelare se rimarrà o meno nell’organigramma dei biancoblù: "Una brutta stagione, anche la sconfitta nel ritorno del playout è stata lo specchio della nostra stagione – ammette –. Quando retrocedi e non fai gol, non è che puoi prendertela con gli arbitri o gli avversari. Mi dispiace tantissimo, sono arrivato alla Pro Patria e siamo andati in C, finire in D dopo 9 anni che sono a Busto Arsizio rammarica molto: è un dispiacere non soltanto a livello professionale, ma anche di cuore. C’è una doppia amarezza. Adesso saremo nei dilettanti, ci saranno dei passaggi che spettano alla società". "Le colpe? Ce ne sono tante – conclude Turotti –: io sono il direttore sportivo e le colpe maggiori sono le mie, non mi tiro indietro in queste cose. Non parlo mai quando si vince, vengo in conferenza stampa quando si perde".
Luca Di Falco
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