Galliani, il Covid e le lacrime su Bogarelli: "Piango l’amico Marco"

L'a.d. del Monza racconta la vittoria sul Covid e il suo dolore per la morte dell'amico

Adriano Galliani con Marco Bogarelli: a lungo hanno lavorato fianco a fianco

Adriano Galliani con Marco Bogarelli: a lungo hanno lavorato fianco a fianco

Milano - L’aria e la luce, la famiglia e gli amici. Poi... si, certo, viene anche il pallone. Ma nelle venti lunghissime giornate della malattia che Adriano Galliani ha dovuto trascorrere in un letto del San Raffaele lottando fra la vita e la morte, quel che è mancato al Senatore della Repubblica (e uno dei più grandi dirigenti sportivi italiani, attualmente amministratore delegato del Monza) è l’essenza della vita. Nella sua semplicità. Nella sua quotidianità. "Avevo fame d’aria e per undici giorni non ho visto un raggio di sole", confessa emozionato adesso che il Covid è alle spalle.

Da quando , lo scorso 26 marzo, è stato dimesso dall’ospedale milanese ed è tornato (dimagrito di dieci chili) nella sua casa nel cuore di Brera, il cellulare squilla in continuazione. Lui non si nega a nessuno, e con grande gentilezza e umanità apre lo scrigno della sua anima, anche se dimenticare è difficile. Perché quei flash vissuti all’alba della tiepida primavera meneghina si rincorrono come incubi nella mente: "La gran fatica a respirare il sabato 6 marzo, il ricovero d’urgenza in ospedale con l’ambulanza, il prof Zangrillo che decide di mandarmi subito in terapia intensiva. Stavo molto male sin dal mattino, mi mancava l’aria - ricorda Galliani - e mi attaccarono l’ossigeno. Sono rimasto in terapia intensiva 11 giorni e 11 notti, ma era impossibile percepire il tempo. C’era silenzio, mancava la luce naturale perchè in quello stanzone sei al chiuso, difficile conviverci per uno come me che soffre di claustrofobia e quando può evita anche gli ascensori".

Si ferma Galliani. Vorrebbe dimenticare. Si considera un “miracolato“. "Per fortuna non mi hanno intubato nè messo il “casco“, ma avevo bisogno comunque di ossigeno per respirare e di notte dormivo con fatica. Non vedevo l’ora di uscire da quel luogo". Le rassicurazioni, dopo le prime notizie preoccupanti, arrivavano sempre al figlio Gianluca: era lui che faceva da filtro e da “scudo“ al papà, era lui che comunicava con i medici e riferiva ai familiari, amici e anche ai dirigenti del Monza. Perché Gianluca ha voluto combattere anche questa partita, la più difficile, in prima linea al fianco del papà dopo aver condiviso per anni gioie (tantissime) e dolori (qualche volta) del Milan, in tribuna a San Siro o nelle trasferte in giro per il mondo.

Ed è stato Gianluca a comunicare agli affetti più cari che il padre era guarito. "In queste esperienze si ricordano cose brutte ma ti restano impresse le immagini più felici. Ecco, non dimentico il 17 marzo... Dopo affettuose cure di dottori e infermiere, premurosi con tutti e sempre disponibili - tiene a precisare Galliani - il trasferimento in reparto. La più bella notizia che potessi ricevere. Una stanza con una finestra, per poter vedere il cielo. Poco importa se ci fossero nuvole o sole. Disteso o seduto sul letto passavo lunghi momenti della giornata a guardare e pensare. E a volte piangevo".

Si commuove . Non parla di pallone anche se scalpita per tornare a vedere il suo Monza al fianco di Silvio Berlusconi (quotidiani erano i messaggi del Cavaliere al socio di una vita). Di calcio (e della flessione del suo Monza) sa poco o nulla anche perché chi gli è stato vicino racconta che medici e infermieri, per evitargli ulteriori stress emotivi, gli avevano quasi “sequestrato“ il cellulare. E infatti ha saputo in ritardo la notizia più triste, quella della scomparsa a soli 64 anni del suo amico Marco Bogarelli, ex presidente di Infront, sconfitto il 16 marzo dal Covid. Beffrado, il destino parallelo con un finale opposto dei due dirigenti, che hanno a lungo lavorato a braccetto in Lega per i diritti tv.

Ma per Galliani il manager milanese era molto più di un socio d’affari. "Una notizia che mi ha profondamente addolorato". Perché forse è questa la cosa che lo turba di più: fra i tanti messaggi di felicitazioni ricevuti al momento delle dimissioni dall’ospedale, non c’è quello del carissimo Marco al quale Adriano era legatissimo umanamente e affettivamente. Ora l’importante è mettersi tutto alle spalle. L’obiettivo è tornare quanto prima a tifare Monza dagli spalti, nella speranza che i giocatori gli regalino la serie A. Non solo: "Col mio amico Casini, pure lui guarito dal Covid, andrò presto al Santuario di San Luca per ringraziare la Madonna. E salirò a piedi, perché mi è stata restituita la vita".