"Non è un miraggio, è Roberto Baggio": il Divin Codino compie 54 anni

Dagli esordi al Lanerossi Vicenza sino al Brescia, passando per la Juventus, le milanesi e il rigore sbagliato a Usa '94

Roberto Baggio con Ronaldo ai tempi dell'Inter

Roberto Baggio con Ronaldo ai tempi dell'Inter

Caldogno (Vicenza), 18 febbraio 2021 - "Non è un miraggio, è Roberto Baggio". Il Divin Codino compie 54 anni. "Raffaello", come lo aveva definito l'avvocato Gianni Agnelli ai tempi della sua militanza con la maglia della Juventus. "Ah da quando Baggio non gioca più non è più domenica" cantava Cesare Cremonini in "Marmellata #25" e in effetti da quando il genio di Caldogno ha lasciato il calcio, quel 16 maggio del 2004 il calcio è tutta un'altra cosa. Il calcio è cambiato, non lo ha fatto RobyBaggio - già, tutto attaccato come lo chiamavano i suoi milioni di estimatori -, che è sempre rimasto schivo e riservato e ha evitato con cura i riflettori. Cosa fa oggi il numero dieci per eccellenza? Dopo aver ottenuto il patentino da allenatore di Prima categoria Uefa, Baggio non ha praticamente mai esercitato la professione, ritirandosi di fatto a vita molto privata. Ha sempre amato la campagna e la natura e ora il suo tempo lo divide proprio così, fra la sua adorata famiglia e la campagna. Una sorta di "Mina" - intesa come la cantante - del mondo sportivo. Li accomunano la riservatezza e la classe infinita. Oltre all'idolatria dei fan, che farebbero di tutto per sentire una loro intervista recente. 

La carriera

Roberto Baggio nasce a Caldogno, in provincia di Vicenza il 18 febbraio 1967 e praticamente da subito si capisce che non è come gli altri. Riservato, spesso silenzioso, ma con il pallone fra i piedi fa quello che vuole. E quello che gli avversari non vorrebbero. Dalle Giovanili del Caldogno passa a 13 anni a quelle del Lanerossi Vicenza, squadra gloriosa. e lì a soli quindici anni eccolo in Prima squadra: 36 presenze e 13 gol in tre stagioni. Su di lui mette gli occhi la Fiorentina: nel 1985, a soli diciotto anni, eccolo in Viola. Il capitano è Giancarlo Antognoni e in squadra con lui ci sono monumenti del calibro di Claudio Gentile, Lele Oriali e Daniele Passarella. Nella stagione 1988-1989 ecco la coppia d'attacco B2: Roberto Baggio-Stefano Borgonovo. Il 10 è scatenato e si impone come capocannoniere della stagione.

Il mito

Nel mondo del calcio poche rivalità sono così accese come quella fra Juventus e Fiorentina. Esistono quella fra Roma e Lazio, fra Milan e Inter, fra la stessa Juve e il Torino. Ma si tratta sempre di contese della medesima città. Quella fra Juventus e Fiorentina travalica ogni confine: se sei "Gobbo" non puoi essere "Viola" e viceversa. Nel 1990 Roberto Baggio compie proprio quel salto che in molti non gli perdoneranno, salto necessario se intende mettere qualche trofeo in bacheca: passa dalla Fiorentina alla Juventus. E diventa "Raffaello" per l'avvocato Agnelli. Dal 1990 al 1995 gioca 141 partite in maglia bianconera mettendo a segno 78 gol e confezionando decine di migliaia di assist d'oro per i compagni. Oltre a regalare ai tifosi juventini giocate che da sole varrebbero il prezzo di qualsiasi biglietto. Con la Juventus vince lo scudetto, la Coppa Italia e due volte la Coppa Uefa. E nel 1993 vince anche il Pallone d'Oro.

Il rigore sbagliato a Usa 1994

Baggio però ha ginocchia fragili da tempo. Già da giovanissimo, nel 1985, deve affrontare interventi per crociato anteriore e menisco. E le ginocchia, con i suoi dribbling, le finte ubriacanti e gli interventi di certo non gentili  degli avversari, sono messe a dura prova anche negli anni a venire. Le assenze per infortunio non mancano e i tempi di recupero si allungano con il passare degli anni. Ai Mondiali di Usa '94 l'Italia arriva in finale però anche grazie al suo Divin Codino. E' il 17 luglio quando Roberto Baggio va sul dischetto: è la finale contro il Brasile, c'è la possibilità per la Nazionale azzurra di entrare nella storia. Baggio prende la rincorsa e tira, ma il suo calcio di rigore va alle stelle. Il Brasile di Claudio Taffarel è campione del mondo. Il fantasista italiano racconterà di non aver dormito per molte notti ripensando a quel calcio di rigore fallito, ma l'Italia, tutta e senza esclusione alcuna, ha fatto talmente tanti bei sogni grazie alle sue magie che di certo un errore, seppur in una finale mondiale, non può macchiare una carriera così leggendaria. 

Le milanesi

Lasciata la Juve - anche perché incombeva la presenza di quel giovanissimo Alessandro Del Piero che sarebbe diventato l'ombra di Baggio prima e una leggenda del calcio mondiale a sua volta poco dopo -, nel 1995 Baggio approda al Milan: 51 presenze, dodici reti in due anni e la sensazione che i problemi fisici stiano peggiorando. Nel 1998 nuovo "salto del fosso": Baggio veste la maglia dell'Inter. Proprio lì incrocia quell'Andrea Pirlo con il quale fra centrocampo e attacco costruiscono trame di pura poesia calcistica. 

La parentesi Bologna

Fra Milan e Inter, ecco la stagione in rossoblù. Dal 1997 al 1998 un Roberto Baggio senza codino, ma coi capelli corti, torna grande: 30 presenze, 22 gol e un ruolo da leader e star indiscussa con la maglia del Bologna. In città lascerà così tanto il segno da meritarsi persino una canzone di Lucio Dalla.

Brescia e il "papà" Mazzone

La seconda giovinezza di un Roberto Baggio ormai al tramonto arriva dal 2000 al 2004, quando per gli ultimi anni della sua carriera il numero dieci viene diretto da Carletto Mazzone al Brescia. Durante l'ultimo anno, Brescia avrà l'onore di vedere insieme in campo Roberto Baggio e Pep Guardiola, a proposito di "calcio che non esiste più". A Brescia Baggio è il padrone, la chioccia dei giovani talenti, il punto di riferimento della squadra. Nel 2004 ecco il ritiro dal calcio. Un calcio che ancora oggi sa di avere un disperato bisogno di personalità competenti, di classe e mai chiassose. Perché in fondo davvero, "da quando Baggio non gioca più non è più domenica".

E per il 54esimo complenno del Divin Codino, non potevano mancare gli auguri social della figlia Valentina, che si è sempre mostrata molto affezionata al padre.