Milan senza rivali in Europa? Merito del tesoro del Fondo Elliott

Con l’acquisto di Bonucci e Biglia, il Milan sfonda il muro dei 200 milioni; 214 per la precisione. Il Manchester City, secondo in questa classifica provvisoria, è distante 60 milioni

Han Li, Yonghong Li e Marco Fassone (Ansa)

Han Li, Yonghong Li e Marco Fassone (Ansa)

Milano, 21 luglio 2017 - Una campagna acquisti faraonica, attualmente la più ricca del calciomercato europeo (solo il Psg, pagando al Barcellona la clausola da 220 milioni di Neymar, potrebbe superarla in un colpo solo), di certo una delle più massicce degli ultimi tre lustri. Con l’acquisto di Bonucci e Biglia, il Milan sfonda il muro dei 200 milioni; 214 per la precisione. Il Manchester City, secondo in questa classifica provvisoria, è distante 60 milioni. E la domanda più ricorrente sulla bocca di tutti, addetti ai lavori e media, è sempre la stessa: "Come fa il Milan a spendere così tanto?". Già, perché lo scetticismo dei giorni “pre-closing“ ha assunto sfumature diverse: la proprietà cinese tanto attesa si è materializzata, ma ancora indecifrabile è la figura di Yonghong Li, semisconosciuto (e silenzioso) uomo d’affari cinese accreditato di un patrimonio che non dovrebbe superare i 600-700 milioni ma sin qui capace di investire nell’operazione Milan un miliardo di euro tra “equity“, rilevamento debiti, aumento di capitale e mercato.

Sia chiaro, anche Pechino indaga sull’operazione Milan (oltre che sull’acquisizione dell’Inter), perché ha dubbi sulla liquidità di Yonghong Li (le sue fortune non sono note alle autorità locali che per questo a giugno hanno ordinato alle banche cinesi di verificare “il rischio sistemico” rappresentato da “alcune grandi aziende” coinvolte in investimenti all’estero) ma è evidente che l’aggressiva campagna acquisti in corso abbia un’ottica di brevissimo termine: perché se il ribaltone fra ingaggi e cessioni sarà un successo e arrivasse la qualificazione per la Champions League, allora Yonghong Li avrà maggiori possibilità di rifinanziare il debito da quasi 350 milioni di euro in scadenza a ottobre 2018 con il fondo Elliott (o in alternativa potrebbe trovare nuovi soci disposti a supportarlo). Del resto è anche per questo motivo che a maggio è stata decisa l’emissione di bond da 55 milioni di euro – interamente sottoscritto da Elliott – per finanziare il mercato insieme a un aumento di capitale da 60 milioni di cui sono arrivati i primi 22. La stabilissima stampella finanziaria offerta dal Fondo americano ha una centralità nell’operazione. Quei soldi, sottoscritti da Elliott con un bond collocato alla Borsa di Vienna, sono diventati fondamentali per altri acquisti pesanti. I calcoli ora sono questi: il Milan spera di chiudere il mercato a -150 milioni diminuendo il peso delle uscite economiche anche con altre cessioni (Bacca, Niang, Paletta e forse, uno fra Suso e Bonaventura). A quel punto, grazie ai prestiti con obbligo di riscatto e acquisti a rate, la spesa potrà essere spalmata in esborsi da 50 milioni per ognuno dei prossimi tre esercizi. A patto che arrivino i ricavi della Champions (in caso contrario la cessione di Donnarumma sarebbe il salvagente più importante) e che non ci siano extrabudget per il mercato (le operazioni Belotti-Kalinic richiedono 100 milioni e un grande sforzo). Anche perché dalla chiusura dell’operazione ad aprile, la situazione di Li non è cambiata. Il controllo della Cina sui capitali resta, e non si allenta la stretta sugli investimenti non considerati strategici dal governo di Pechino. A ottobre l’esecutivo farà il punto sulla situazione economica: i cinesi mettono le mani avanti puntando tutto sui risultati sportivi mentre Marco Fassone presenterà all’Uefa il nuovo piano finanziario di rientro triennale (partirebbe dall’aprile del 2018). Non si sa ancora quanto a Nyon potranno apprezzarlo il piano, visto che il “voluntary agreement“ inoltrato i mesi scorsi è stato saggiamente ritirato dai rossoneri prima delle grandi spese. E allora meglio solo pensare ai colpi che sin qui han fatto grande il Milan. Perché, esclusa nell’immediato la quotazione alla Borsa di Hong Kong (servono almeno tre anni di utili consecutivi sotto la guida dello stesso management o una capitalizzazione che oggi il Milan non è in grado di ottenere), la strada verso il rispetto del contratto con Elliott passa per i successi sportivi.