La Uefa dice no alla richiesta del sindaco di Monaco di Baviera di illuminare l'Allianz Arena con i colori dell'arcobaleno per dimostrare solidarietà alla comunità Lgbt in Ungheria, colpita da una legge da poco varata che vieta la "propaganda gay" ai minori di 18 anni e peraltro condannata da 13 Paesi europei. "Non usate il calcio per scopi politici", ha spiegato Aleksander Ceferin, presidente dell'Uefa dando una spiegazione all'ennesimo caso affrontato dalla task force creata a Nyon per le questioni extra-pallone durante questo inedito Europeo itinerante. L'avvocato sloveno che guida il calcio europeo dal 2016, conosce bene il potere sociale del calcio che in questi Europei post Covid cerca di mantenere una difficile equidistanza tra istanze sociali e politica. E i risultati non sono sempre coerenti, come è accaduto nei giorni scorsi con la fascia arcobaleno, dedicata anche quella al mondo Lgbt nel Pride Month, esibita giorni fa dal capitano tedesco Manuel Neuer.
La fascia di Neuer
"Una buona causa, nessuna multa», ha sancito la Uefa, esprimendosi a posteriori così come nei mesi scorsi quando, Ceferin ha dato sostegno ai calciatori che cominciavano a inginocchiarsi portando in campo il gesto simbolo del Black Lives Matter, sulla scia delle stelle Usa di basket e football. E a posteriori la Uefa è intervenuta anche davanti al reclamo della Russia per gli slogan sulla maglietta dell'Ucraina: è finita con una pezza sulla scritta, ma non sul caso diplomatico, solo il primo di una lunga lista, provvisoriamente chiusa dalla mossa anti-ungherese del sindaco tedesco. Dieter Reiter, sindaco di Monaco, avrebbe voluto giocare Germania-Ungheria domani in una Allianz Arena a tinte arcobaleno avrebbe rappresentato un "segno visibile di solidarietà" alla comunità Lgbt in Ungheria. Invece è arrivato il no: "Era la richiesta di un politico, era chiaramente un segnale mirato a un atto politico di un governo di un altro Paese. Il calcio non può permettere di essere usato per scopi politici". "E' una decisione giusta", ha esultato il governo ungherese in una partita che questa volta non si è giocata sul terreno verde.
Orban e l'Ungheria
Peccato che proprio qualche giorno fa, in occasione della sfida Ungheria-Francia, il primo ministro Viktor Orban aveva ottenuto il via libera ad aprire la Puskas Arena al 100% della sua capienza, cosa mai successa nelle altrettanti sede che ospitano questo Europeo itirante. E che dire del saluto dei giocatori della nazionale magiara con la mano sul petto senza parlare dei saluti dei tifosi della destra estrema a braccio teso sugli spalti. Questo non è un utilizzo politico del calcio.
Messico '68
Il calcio e lo sport in genere da sempre sono un palcoscenico d'eccellenza per istanze politiche. Basta tornare ai giochi olimpici di Città del Messico nel 1968 quando i due velocisti neri Tommie Smith e John Carlos ricevettero le loro medaglie restando immobili sul podio con pugni chiusi e mano guantata di nero, simbolo della lotta del movimento delle Black Phanters che si batteva per i diritti degli afroamericani. Quella resta tutt'oggi una delle foto più iconiche della storia dello sport e antesignano del Black Lives Matter. E che dire dei mondiali di calcio di Argentina '78 fortemente voluti come spot propagandistico dalla dittatura del generale Jorge Videla che intanto perseguitava gli oppositori, i desaparecidos. E allora questa non è politica?
Owens e Berlino
Domani altri stadi tedeschi saranno illuminati con l'arcobaleno. "Se si tratta di tolleranza e diritti umani, noi ci siamo", è il messaggio sul profilo Twitter dell'Olympiastadion di Berlino, lo stadio teatro 85 anni fa delle quattro medaglie d'oro di Jesse Owens, la prima vera sconfitta subita da Adolf Hitler e dal suo mito della supremazia della razza ariana. Quando lo sport era più forte della politica.