Ugo Tognazzi oggi avrebbe 100 anni. Film, ruoli, passioni del gran lombardo della commedia

Da "Amici miei" a "La vita agra", le mille tonalità di un attore indimenticabile

Ugo Tognazzi

Ugo Tognazzi

Uno dei grandissimi della commedia italiana. Un "gran lombardo" del cinema. Un attore versatile, con esperienze anche da regista, capace di passare dallo sberleffo al drammatico, attraversando con leggerezza e un filo di cinismo svariate tonalità di interpretazione.

Il profilo

Nato a Cremona il 23 marzo 1922, Tognazzi è stato uno dei maggiori protagonisti della stagione d'oro della commedia all'italiana insieme ad Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Marcello Mastroianni, Monica Vitti e Mariangela Melato.  Un attore incredibile per le tante cose diverse che ha realizzato restando sempre se stesso. Inconfondibile eppure capace di sfuggire alle classificazioni, poliedrico in un'epoca dove senza un'identità non andavi da nessuna parte. Un artigiano che si è costruito con fatica, un soldato promosso colonnello sul campo, dalle tavole del palcoscenico agli studi televisivi fino ai set dei grandi autori, esploso nel momento in cui ha raggiunto la piena maturità espressiva e la completa padronanza dei suoi mezzi. 

I primi passi

Per parlare dell'Ugo prima di Tognazzi, bisogna partire dall'avanspettacolo e dalla rivista. Ma sono soprattutto le sei edizioni del cult televisivo (e perduto) "Un due tre" in coppia con Raimondo Vianello - chi era la spalla e chi era il mattatore? Non si è mai saputo - a renderlo popolare presso il grande pubblico. In parallelo, per tutti gli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, una sterminata galleria cinematografica di figurine e macchiette: da citare almeno il viscido dirigente di 'L'incantevole nemica' (dove c'è perfino Buster Keaton), il pauroso borghese di 'Domenica è sempre domenica', spalla devota in 'Totò nella Luna' e accanto a Tina Pica in una mezza dozzina di farse, fessacchiotto in 'Non perdiamo la testa', fino alla satira di 'A noi piace freddo…!' che annuncia la svolta decisiva della carriera: la memorabile performance de 'Il federale', in cui dà prova di saper misurare la sua vena umoristica all'altezza della complessità del dramma.

Una "maschera" diversa

Ugo Tognazzi nella scena della 'supercazzola al viglie' di 'Amici miei' (Ansa)
Ugo Tognazzi nella scena della 'supercazzola al viglie' di 'Amici miei' (Ansa)

Con la consacrazione in massima serie, Tognazzi investe tutto sulla sua immagine così diversa da quelle degli altri colonnelli della commedia all'italiana: unico settentrionale a imporsi davvero in un cinema romanocentrico, mette a frutto l'istrionismo scatenato e un temperamento solo in apparenza misurato, il gusto dell'arditezza e la provincia come stato d'animo, la fisicità non prestante e il fascino sulfureo. Una miscela che esplode subito ne 'I mostri', dove è capace di passare dal moralista onorevole democristiano al poliziotto strabico fino al cinico organizzatore di incontri di pugilato. Una versatilità che gli torna comoda nel revival 'I nuovi mostri' ma anche in altre prove sbalestrate: come poteva, quello stesso attore, essere il generale alle prese con lo sciacquone di 'Signore e signori buonanotte', l'avido zitello de 'Il gatto' o il decaduto e perciò goliardico conte Mascetti ovvero il suo capolavoro d'attore, 'Amici miei'

Quando si parla dei grandi sodalizi del nostro cinema, si pensa sempre a Fellini/Mastroianni ma ci si dimentica spesso di quello tra Marco Ferreri e Tognazzi. Che, nell'Italia del miracolo economico, si dilettano nel raccontare con acidità impietosa le ipocrisie e le meschinità di una società mostruosa e bigotta. Un'antologia sconvolgente e spericolata: il marito consumato fino alla morte de 'L'ape regina', il crudele sfruttatore de 'La donna scimmia', il professore perverso nell'episodio di 'Controsesso', l'uomo sposato con una bambola in 'Marcia nuziale', l'ambiguo commissario de 'L'udienza', lo chef che si ingozza fino a crepare con 'La grande abbuffata', il nativo che vince in 'Non toccare la donna bianca'

Pochi come Tognazzi hanno narrato l'impatto dell'amore sulla vita dei borghesi, le ricadute anche fisiche dei turbamenti romantici che travolgono il quotidiano, la gioia dell'intesa e la malinconia dell'abbandono. Da 'La voglia matta' a 'Primo amore' passando per 'Romanzo popolare', con una splendida Ornella Muti agli esordi, sempre con lo sguardo liquido e l'uggia disegnata sul volto, il nostro si consuma all'ombra di amori impossibili nella struggente consapevolezza di non poter più godere della giovinezza perduta. 

Il rapporto con il sesso

Ugo Tognazzi e Monica Vitti ne "L'anatra all'arancia"
Ugo Tognazzi e Monica Vitti ne "L'anatra all'arancia"

È interessante sottolineare come il sesso - esercizio, interesse, ossessione, repressione - sia componente essenziale dei suoi personaggi: il seduttore scatenato di 'Liolà', l'industriale gelosissimo de 'Il magnifico cornuto', il boiardo moralista de 'I complessi', l'avvocato donnaiolo che si fa incastrare da 'La bambolona', l'arrampicatore sociale (che finisce arrampicato) di 'Venga a prendere il caffè da noi', l'industriale travolto dalla passione per 'La Califfa', il marito tradito e traditore di 'L'anatra all'arancia', l'ozioso e gaudente avvocato di 'La stanza del vescovo', il cinquantenne separato travolto dal femminismo in 'Dove vai in vacanza?'. Senza dimenticare 'Il commissario Pepe' che indaga sui vizi privati e le pubbliche virtù della provincia bigotta. Tra le stelle della sua generazione, Tognazzi è stato quello più aperto alla possibilità di ruoli fuori dagli schemi, soprattutto per quanto riguarda la rappresentazione di personaggi omosessuali, all'epoca ridotti ad antipatiche macchiette

La politica: così distante, così vicina

La sua dimensione politica non è così esposta bensì carsica: il totem è l'avatar di Luciano Biancardi nel fondamentale 'La vita agra', l'evoluzione è il magistrato integerrimo di 'In nome del popolo italiano', la distorsione è il ridicolo golpista di 'Vogliamo i colonnelli'. Anche altrove, lontano dall'Italia: lo scrittore anarchico de 'Il maestro e Margherita', l'oppositore al regime greco in 'La smagliatura'. Resta immortale, fuori dal set, la sua beffa orchestrata con la banda del settimanale satirico 'Il male', quando nel 1979 escono finte edizioni di Stampa, Paese Sera e il nostro Giorno che lo ritraggono in manette con il titolo "Ugo Tognazzi è il capo delle Brigate Rosse". Una "cazzata", come la definì Ugo, che fu fonte di infinite polemiche.

Le passioni

Fra le sue passioni principali - oltre alle donne, ça va sans dire - la cucina praticata con fantasia e piacere per amici e famiglia e illustrata in una serie di libri di successo e il calcio, da tifosissimo del Milan. Dei rossoneri disse: "Sono milanista dalla nascita. Il Milan per me è stato prima la mamma, poi Ia fidanzata e poi la moglie. La moglie però si tradisce". Ebbe tre compagne - la ballerina britannica Pat O'Hara dalla quale ebbe il figlio Ricky, regista e attore, l'attrice norvegese Margarete Robsahm dalla quale nacque Thomas, produttore e regista e, infine, l'attrice italiana Franca Bettoja, che sposò nel 1972. Dalla loro relazione nacquero Gianmarco, attore, e Maria Sole, regista e sceneggiatrice. Muore nel 1990 per un'emorragia cerebrale. E' sepolto nel cimitero di Velletri, località in cui aveva una villa.