Nel nome del padre, del figlio e di Achille Lauro. Anche quest'anno il performer canta autocitandosi e autoriferendosi. Oltre che autocelebrandosi. Esce sul palco svestito da Gucci e da Bulgari - due marchi così altisonanti per un torso nudo e un paio di pantaloni neri lucidi - e già da subito ha inizio la sua santificazione. Che si conclude con la cerimonia, che nulla ha a che vedere con il mondo gospel, con l'Harlem Gospel Choir che impugna delle carte in stile tarocchi con il volto dello stesso Achille Lauro e intanto intona il ritornello.
Perla finale: il battesimo che il cantante si autoimpartisce estraendo una capasanta e lanciadosi dell'acqua sulla testa. Blasfemo? Sacrilego? No, in realtà sempre uguale. E anche Selvaggia Lucarelli non ha mancato di sottolinearlo su Twitter con un secco "Achille Lauro ha plagiato se stesso".