Rocco Hunt: "Ritorno alle origini con la nuova musica"

Il rapper sarà in concerto al Carroponte di Sesto San Giovanni il 22 giugno

Rocco Hunt

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La "Rivoluzione" di Rocco Hunt sbarca in redazione al Giorno. Nell’attesa di trasformare il suo ultimo album in un travolgente evento live, infatti, il rapper salernitano trapiantato a Milano s’è raccontato ieri pomeriggio al giornale partendo proprio dal gran desiderio di tornare sulla strada. «Per scaldare la voce e le gambe ho fatto un po’ di date nei club con la formula dj set in vista del debutto al Palapartenope di Napoli con la band in calendario la settimana prossima, con tappa al Carroponte il 22 giugno» racconta Rocco, all’anagrafe Pagliaruolo, che il 23 ottobre sarà pure al Dis_Play di Brescia. «Nel disco ospito tanti amici e spero di averne qualcuno pure negli spettacoli dal vivo. Per motivi legati alla pandemia non presenterò solo brani di ‘Rivoluzione’, ma anche del predecessore ‘Libertà". 

Sei mesi dopo pensa che "Rivoluzione" sia stato metabolizzato dai fans? «Ho concepito questo album come una raccolta di singoli, perché quando l’ho pubblicato ne avevo mandati in radio già parecchi. L’ho inteso come un ritorno alle mie origini, al rap, e per questo ho voluto cantare con gente come Fabri Fibra, Luché, Guè Pequeno. Ma il pubblico ha fame di nuova musica e lo accontenterò». 

Nelle ultime due estati, grazie anche ad Ana Mena, ha azzeccato puntualmente il tormentone estivo. E questa?  «Stiamo studiando, ma non c’è nulla di pronto. Con Ana abbiamo concluso la collaborazione a Sanremo. L’amicizia rimane, ma dopo due hit estive e il Festival è ora che lei torni a fare le sue esperienze e io le mie. L’Ariston per lei era un sogno e, a prescindere dal piazzamento finale, l’abbiamo realizzato. Certo, un pezzo ballabile di quel tipo funziona più d’estate che in inverno e lei ha voluto portare una canzone in linea col suo personaggio». 

Lei un pensierino di tornare in gara al Festival lo sta facendo? «Inutile ricordare che a me Sanremo e "Nu juorno buono" mi hanno cambiato la vita, quindi rimango affezionato a quel palco e, come dice Califano, ‘non escludo il ritorno’. Ho 27 anni e di tempo davanti ne ho. Comunque al Festival non sei tu a volerci andare, ma la canzone a portartici. E al momento di canzoni così non ne ho». 

Partito forte, ha avuto un momento di ripensamento e poi è diventato l’uomo delle hit. Cosa le ha fatto cambiare passo? «Il problema era dentro di me; avevo perso la ‘fame’ dei 22 anni. La famiglia e gli amici, però, mi sono stati vicini, ho avuto un figlio, ‘Ti volevo dedicare’ con J-Az e Boomdabash s’è rivelata un gran bel successo, e l’autostima è tornata». 

E se suo figlio Giovanni volesse fare questo mestiere? «Gli direi di divertirsi e di essere se stesso, di considerare la musica e non un lavoro». 

Un sogno da realizzare?  «Come dico in una canzone, l’ambizione è la croce che porto. In Spagna con Ana ho collezionato sei dischi di platino e pure in Europa ora qualcosa si sta muovendo. Quindi il sogno più grande è l’America, tanto quella del Nord che quella Latina».