Raphael Gualazzi torna sul palco: "Il Bar del sole, luogo dell’anima"

Raphael Gualazzi di scena al Mare Culturale Urbano: "Ho lavorato al disco in piena pandemia"

Raphael Gualazzi

Raphael Gualazzi

Il “Bar del Sole” di Raphael Gualazzi ha aperto i battenti a metà settimana, in una piovosa giornata milanese, sul palco del Mare Culturale Urbano. Contrasto stridente col “sabor” latino delle dieci cover raccolte dal pianista marchigiano in questo suo omaggio pop-jazz alla canzone italiana, aperto sulla scena evocando il Brasile di Ornella & Vinicius (+ Toquinho) con una lievissima versione di “Senza paura” per voce e ukulele. "Alla tenera età di quarant’anni, dopo aver ascoltato per una vita musica afroamericana, ho pensato di prendere contatto con le mie origini” racconta. "Sono cresciuto, infatti, negli anni Ottanta col cantautorato dei dischi dei miei genitori nelle orecchie. Un mondo a parte, che è stato d’ispirazione però anche per il mio percorso compositivo, in cui ora ho pensato di tuffarmi".

Quando ha lavorato a questo disco?

"Nel seconda ondata della pandemia, qui a Milano, nello studio di Vittorio Cosma, produttore dell’intero progetto".

Il locale richiamato dal titolo è vero o immaginato?

"È un luogo dell’anima di chi vuole perdersi e ritrovarsi, ma anche il Caffè del Sole della mia Urbino. Quello dove ho fatto la gavetta. Ricordo ancora quando, a 17 anni, il proprietario mi chiese per la prima volta di suonare all’ora l’aperitivo; fu un fallimento totale, non si presentò nessuno. Così, il giorno dopo, mi assicurai la presenza di un amico con la fidanzata e pian piano il pubblico iniziò ad aumentare. Dopo un mese, oltre a riempire il locale, il pubblico bloccava la strada. Col mio trio componevamo le canzoni a saracinesca abbassata, prima che il locale aprisse".

La scelta del repertorio non dev’essere stata un’impresa facile.

"L’ho fatta con Cosma cercando testi che rappresentassero le atmosfere tra incertezza e disagio che stiamo vivendo, legando tutto però con un fil rouge di leggerezza perché la lievità è la sensazione di cui tutti abbiamo bisogno in questo particolare momento storico".

Com’è stato il lavoro in studio?

"Con Vittorio ci siamo trovati a parlare la stessa lingua ed è stato molto bello esplorare assieme mondi musicali diversi. Tant’è che alcuni brani li abbiamo trasportati verso dimensioni opposte rispetto a quelle originali".

Lo scorso anno nell’ep “Buonasera, Fred!” aveva reinterpretato Buscaglione, mentre ora spazia da Lucio Battisti a Claudio Baglioni, da Jimmy Fontana a Sergio Caputo.

"Con "Pigro" omaggio il grande Ivan Graziani, amico di famiglia perché mio padre suonava con lui, accompagnato dai Funk-Off e dal figlio Filippo Graziani. In ‘Cosa Sarà’ di Dalla c’è Filippo Timi e nella dorelliana ‘Arriva la bomba’ il Trio Bobo. ‘Senza paura’, invece, la rileggo con Margherita Vicario".