Niccolò Fabi e il nuovo album: "Nei pezzi c’è tutta la mia poesia"

Il cantautore presenta in redazione al Giorno l'ultimo lavoro "Meno per meno" con quattro inediti. "Avverto l’esigenza di non abbassare il livello di quello che scrivo, di non ripetermi eccessivamente"

Incontri ravvicinati del nuovo tipo. Niccolò Fabi paragona l’atterraggio dell’orchestra sul palco delle sue canzoni a quello di un’astronave. E presentando in redazione al Giorno il nuovo album "Meno per meno", realizzato sulla scia dell’esperienza all’Arena di Verona dello scorso ottobre con l’Orchestra Notturna Clandestina diretta dal maestro Enrico Melozzi, capisci che il senso di straniamento è un po’ lo stesso. Ne parla questo pomeriggio in Santeria alle 19. "Per me questo incontro rappresenta l’opportunità di fare qualcosa che all’interno dei concerti di solito non si fa" ammette il cantautore romano. "Se lì, infatti, la forma di comunicazione è soprattutto l’applauso, nel faccia a faccia spero di stimolare un dialogo".

Il concerto di Verona è stato per metà voce e chitarra e per metà con orchestra. Il disco focalizza questa seconda parte. "L’idea di utilizzare un’orchestra sinfonica è nata dalla voglia di farmi un regalo, visto che non avevo mai usato prima quel tipo di sonorità. Ho inviato a Melozzi provini voce e chitarra del repertorio che ritenevo appropriato a quel tipo di rilettura per lasciarlo libero di far suonare l’orchestra come credeva evitando d’incasellarla in un arrangiamento pop predefinito evitando quel suono iper-romantico che su canzoni sentimentali come le mie rischia di scivolare nel mieloso, perdendo spinta e potenza".

Come ha scelto i sei pezzi da reinventare?

"Ho puntato su quelli che pensavo potessero rappresentare, intervallati ai quattro inediti, il giusto percorso per dare all’ascolto una sua coerenza emotiva".

In matematica meno per meno dà come risultato più.

"L’augurio è che le atmosfere tendenzialmente malinconiche della mia musica possano essere di conforto ai momenti malinconici dell’ascoltatore moltiplicando gli stati d’animo e generando una qualche forma di sorriso. Ma il titolo manifesta pure il mio interesse artistico per operazioni di sottrazione finalizzate all’essenza, piuttosto che all’addizione tipica dei tempi".

Ha detto che in questo momento comporre un intero album sarebbe come scalare una montagna altissima. Perché?

"La sensazione che realizzare in questo momento un album tutto di canzoni nuove sarebbe un percorso ardito, complesso e lunghissimo, deriva principalmente dall’esigenza di non abbassare il livello di quello che scrivo, cercando di non ripetermi eccessivamente. Un conto, infatti, è lo stile e un altro l’assenza d’idee. Ho scritto la mia prima canzone oltre quarant’anni fa ed è ovvio che un filo di stanchezza ci sia, come probabilmente accadrebbe dopo tutto questo tempo in qualsiasi altra attività professionale. A prescindere dal mio caso, comunque, penso che il disco così come l’abbiamo conosciuto finora non abbia più molto da dire".

A primavera l’attende tour con orchestra. Rispetto ai contenuti di Verona cambierà qualcosa?

"L’impostazione dello spettacolo che porto il 18 aprile agli Arcimboldi di Milano e il 20 al Gran Teatro Morato di Brescia sarà sostanzialmente la stessa di quello in Arena, ma il mio stato d’animo più sereno, perché davanti a me avrò un viaggio e non un evento unico come quello di ottobre. La cosa mi permetterà magari di rimaneggiare la scaletta nella prima parte - quella voce chitarra - a seconda delle esigenze e degli umori del momento inserendo in repertorio pure ‘Al di fuori dell’amore’ e ‘L’uomo che rimane al buio’, i due inediti (dei quattro) che a Verona non ho suonato".