Giorgio Strehler e la musica. Il maestro che dava voce al talento

Da Ornella Vanoni a Milva fino a Massimo Ranieri. Milano lo ricorda attraverso un doppio omaggio

Giorgio Strehler

Giorgio Strehler

Milano - Un Arlecchino centenario. Oggi Giorgio Strehler avrebbe approcciato il secolo e Milano lo ricorda sul palco dell’Estate Sforzesca con due omaggi molto particolari. "La voce di Strehler", curato dallo Spirit de Milan, che ne traccia un profilo attraverso memorie, aneddoti e appunti a margine di Umberto Ceriani, Giorgio Bongiovanni e Stefano De Luca e quel "Il metodo Strehler" che prevede una proiezione in anteprima dello speciale di Rai Cultura "Apprendisti Stregoni" introdotta dal direttore del Piccolo Teatro Claudio Longhi. Come ricorda l’ultima moglie Andrea Jonasson, per il regista triestino la luce del Teatro non era "quella dei riflettori, ma quella della fantasia che, di tutte le luci, è la più vera e la più sconvolgente" e il fatto che l’omaggio si svolga in un contesto anomalo come il Cortile delle Armi sembra rafforzare il concetto. Quello del Castello è un palco in bilico su un mondo della canzone con cui Strehler ha avuto familiarità fin dall’incontro con Ornella Vanoni, studentessa d’arte drammatica all’Accademia del Piccolo, o l’ "Opera da tre soldi" messa in scena nel 1973 con Domenico Modugno nei panni di Mackie Messer e Milva in quelli di Polly Peachum.

"Ho assorbito il talento di quel suo genio come una spugna" ricorda ancora Ornella. "Lui mi ha cambiato la vita e probabilmente m’ha amata così tanto proprio perché ero materia da plasmare con le sue mani. Iniziai a cantare, con successo, negli intervalli a teatro de ‘I Giacobini’ di Federico Zardi e Gino Negri propose a Giorgio di farmi interpretare canzoni da cortile, ma lui obiettò che avrebbero avuto più presa le canzoni della mala; cercammo in tutte le osterie brani popolari di quel tipo, ma niente di niente. Così Giorgio, Negri, Fausto Amodei, Dario Fo, Fiorenzo Carpi iniziarono a prendere vecchie ballate dialettali e a riscriverle. ‘Hanno ammazzato il Mario’ o ‘Ma mi’ nacquero da questa intuizione". Lungo il sodalizio con Milva. "Per trent’anni sono stata una sua allieva così diligente che potrei fare addirittura una regia con ciò che mi ha insegnato" diceva, la Rossa di Goro. "Credo che la nuova sede del Piccolo sia stata un po’ la sua tomba; era provato dalle peripezie burocratiche del suo teatro". Massimo Ranieri ha debuttato a teatro verso la metà degli anni Settanta "ma nell’80 arrivò lui con ‘L’anima buona di Sezuan’ di Brecht… e fu un’illuminazione". A segnalarlo a Strehler fu Rosanna Purchia, attuale commissario straordinario del Regio di Torino. "Accettai senza leggere il copione" ricorda Ranieri. "Debuttammo al Lirico, perché lo spettacolo aveva bisogno di spazio, dopo quattro mesi e mezzo di prove. Facevo l’aviatore Yang Sun, personaggio bellissimo, poetico e vigliacco. Strehler mi ha insegnato tutto: la disciplina, il rigore, l’amore e l’abnegazione. Mi chiamava ‘il mio bambino’ e forse mi vedeva realmente come un figlio. Quando ne ‘L’isola degli schiavi’ di Marivaux caddi dal palcoscenico rompendomi entrambe le ginocchia, interruppe la tournée scrivendo sul comunicato: questo signore è insostituibile".