Francesco Renga: ho riscoperto l’essenza nelle canzoni e il rapporto sincero col pubblico

Il cantante bresciano al Castello Visconteo di Vigevano con un trio e tanti progetti: "Felice di ripartire"

Francesco Renga

Francesco Renga

Vigevano (Pavia), 11 luglio 2021 -  A Sanremo poteva andare meglio. Ma Francesco Renga è abituato a traversare ben altre tempeste rispetto a quella di una "Quando trovo te" rotolata al ventiduesimo gradino dell’Ariston. Prova ne siano le suggestioni acustiche con cui l’ex Timoria sbarca domani al Castello Sforzesco di Vigevano. La conferma che in giro di voci come la sua ce ne sono poche. Anzi, forse nessuna.

Francesco, a cosa si deve la scelta di farsi accompagnare da un trio? "Avevo già fatto l’esperienza in acustico anni fa e m’ero divertito molto. Rimettere mano ai pezzi, vestirli con abiti nuovi, significa tornare al centro del nostro lavoro perché, in fondo, una canzone nasce in chiave intima. Così, quando ho deciso di mettere in strada un tour estivo, mi è sembrato bello recuperare la formula due chitarre e pianoforte".

Dopo un anno difficile, che significa tornare in scena? "Significa avere addosso ogni sera l’entusiasmo di un’attesissima ripartenza. Ho riscoperto le canzoni nella loro essenza e, per non boccheggiare più come un pesce nell’acquario, mi sono pure tolto gli air-monitor dalle orecchie recuperando le spie del palco. Come ai tempi dei Timoria. Musica e suono sono aria che si muove, che vibra, e se hai le orecchie tappate ti perdi il 90% della poesia della musica e un bel po’ del rapporto col pubblico. Sentire la voce che rimbalza sulla capsula del microfono e torna in faccia è un’esperienza che mi mette i brividi solo a parlarne".

Il 10 dicembre sbarca agli Arcimboldi l’Insieme Tour, replica l’11 al Dis_play di Brescia. Quali le novità? "Ci sarà la band; quindi, batteria, basso e, probabilmente, un’altra chitarra. Ci saranno ovviamente i monitor sul palco perché, eliminando le sequenze, offrono al canto una tessitura più personale. Le canzoni cambieranno ancora, perché l’opportunità di riattaccare la spina significa ripensare il mio repertorio in chiave elettrica".

Discograficamente parlando, cosa accadrà? "Per gli artisti come me quella con i ragazzi dell’ultima generazione è una battaglia persa. A cinquant’anni, infatti, non puoi correre dietro alle canzoni che ‘funzionano’ nella bocca di un ventenne. Così noi cantanti ‘d’esperienza’ abbiamo imparato il valore del prendersi a cuore quel pubblico che fatica sempre di più a riconoscersi nella musica che passa alla radio… anche se i miei figli si godono in cuffia la loro musica preferita su Spotify e la radio non l’ascoltano proprio".

Il ritorno di un passato che non passa. "Sì, mi sono riavvicinato alla musica che frequentavo prima di cadere anch’io nell’overdose elettronica imperante. La musica di album semplici e veri come ‘Un giorno bellissimo’ o ‘Ferro e cartone’, tanto per intenderci. Fra le diverse collaborazioni in corso c’è pure quella con Umberto Iervolino, il mio primo produttore. E, da nostalgico, dico che se fosse per me tornerei volentieri pure al suono analogico".