Fabri Fibra al Carroponte: "Difendo il rap politicamente scorretto"

Intervista al rapper che parla dei suoi cantanti preferiti e della polemica su "Bella Ciao"

Fabri Fibra

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Chi vuol essere Fabri Fibra? A guardare in tralice il mondo del rap, molti si direbbe. Passano gli anni, i decenni, ma tra i riferimenti obbligati del rap italiano continua ad esserci sempre lui, Fabrizio Tarducci. E la celebrazione dell’ultimo album “Caos” sul palco del Carroponte promette domani sera una notte ad alto volume, carica di storie, tensione ed ospiti col sostegno alla consolle del fido dj Double S.

Fabrizio, vent’anni dopo “Turbe giovanili”, essere considerato ancora un modello stanca?

"No, non stanca. Alcuni artisti mi dicono che quando ascoltano “Turbe giovanili“ gli viene voglia di scrivere con quella semplicità lì. E a me la cosa fa veramente piacere che certi miei dischi siano presi come modelli e possono ispirare pure generazioni diverse dalla mia".

Fra gli ultimi “seguaci” chi l’ha incuriosita di più?

"Lazza e Madame sono due artisti che trovo veramente interessanti. Lazza per la sua capacità di rappresentare il sound di oggi mantenendo comunque un piede nelle cose fatte dai rapper con cui è cresciuto. Di Madame mi piacciono molto la scrittura onirica e il suono attuale".

Perché nell’introduzione di “Caos” ha messo la voce di Gino Paoli?

"Trovo la frase ‘Quando tu sei vicino a me, questo soffitto viola, no, non esiste più, io vedo il cielo sopra noi’ così poetica che mi piace dedicarla non a una persona, ma alla musica. Quindi perfetta per cominciare un album. Soprattutto dopo cinque anni di attesa, come quelli che hanno dovuto passare i fans prima di ascoltare qualcosa di nuovo. Quando Paoli mi ha dato l’autorizzazione ad usare il campionamento de “Il cielo in una stanza“ non potevo crederci. Non finirò mai di ringraziarlo".

Nel disco critica i giornalisti che sarebbero disturbati dal fatto che il rap si arroghi il diritto di dire ciò che vuole. Forse a disturbare è il fatto che buona parte del rap (non tutto, s’intende) dica sempre le stesse cose utilizzando sempre gli stessi stereotipi.

"Non critico i giornalisti perché disturbati dalla libertà di espressione dei rapper. Critico i giornalisti che si esaltano se nel rap ci sono citazioni intellettuali snobbando altre categorie di testi, magari politicamente scorretti. Per me anche il rap politicamente scorretto ha un valore e lo difendo. Concordo sul fatto che ci sono rapper che dicono sempre le stesse cose, ma questo accade pure nel pop. Molti artisti seguono il cliché del rap americano fatto di macchinone, locali, ostentazione della ricchezza, io però nella mia scrittura cerco sempre di dare autenticità al rap italiano con un suono il più ‘nostro’ possibile, trattando argomenti che riguardano questo Paese".

Il rap è padrone del mercato. Ma pure lì questa estate non tutto è andato come ci si attendeva.

"Il rap ha conquistato le classifiche perché da quando sono arrivati lo streaming, i social e la digitalizzazione del mercato, il pubblico che già lo premiava ha consolidato coi numeri questa sua scelta. Mentre prima i media e l’industria sostenevano il pop, oggi privilegiano il rap non perché gli piaccia, ma perché è il genere musicale che li fa guadagnare di più. Ma i ragazzi avevano già scelto vent’anni fa di ascoltare il rap italiano perché sempre stato, nel bene e nel male, un genere musicale vero, in cui si ritrovano. Non so come sono andate le tournée estive degli altri, ma la mia è stata un successo. Su e giù dal palco trovo un pubblico che capisce sempre più il linguaggio di questa musica".

S’è fatto un gran parlare di “Bella ciao”. Che impressione ti ha fatto la vicenda? Se è vero che c’è uno scollamento dalla politica è giusto che gli artisti lo assecondino?

"Non so se c’è uno scollamento dalla politica. Nell’album ho messo, però, un brano intitolato “Propaganda“ per parlare di quel tipo di elettore che spera sia il politico di turno a risolvere tutti i suoi problemi e, in questa ottica, credere a qualsiasi promessa elettorale gli venga fatta. Un’altra chiave di lettura può essere legata al fatto che oggi ciascuno di noi tramite i social ha l’opportunità di avere una personalità pubblica non necessariamente coincidente con quella privata, ma manipolabile postando foto e pensieri acchiappa-like in modo da rappresentare realtà in cui magari a volte neppure si crede. Un po’ quello che accade in campagna elettorale per guadagnare più voti".