Il chitarrista di Battiato e il suo testamento morale: "Un genio come Leonardo da Vinci"

I ricordi e gli insegnamenti del Maestro nelle parole del chitarrista Osvaldo Di Dio che lo ha accompagnato nell'ultimo Tour con Alice

Osvaldo Di Dio alla chitarra alle spalle di Battiato e Alice

Osvaldo Di Dio alla chitarra alle spalle di Battiato e Alice

"Franco era un genio. Un moderno Leonardo da Vinci". Il paragone non è assolutamente azzardato. Soprattutto se a farlo, nel giorno della morte di Battiato, è chi con lui ha girato l'Italia in lungo e in largo nell'ultimo tour con il Maestro insieme ad Alice.

Oggi è un brutto giorno per chi ama la musica.

"Sì, oggi è un giorno triste, ma è anche un giorno in cui far tesoro degli insegnamenti che Franco ha lasciato in me e in tutte le persone che hanno potuto ascoltare la sua musica", spiega Osvaldo Di Dio, 40 anni, che fra il 2016 e il 2017 ha accompagnato alla chitarra Battiato e Alice nell'ultimo tour Italiano prima della parentesi con la Royal Philarmonic Concert Orchestra. "Da lì poi Franco si è ritirato dalle scene pubbliche".

L'hai più risentito?

"Franco era un personaggio molto particolare. Pochissimi erano in confidenza con lui. Si sapeva della malattia. Ogni tanto avevamo qualche informazione attraverso il suo fonico Pino Pischetola. Sapevamo delle sue non buone condizioni di salute, ma anche che era stabile".

Ma come sei diventato il chitarrista di Battiato?

"Venivo dal tour con Alice quando lei, che era un po' il suo alterego femminile, e Franco decisero di fare una serie di concerti insieme. Battiato cercava un chitarrista per la sua band. La prova consisteva nel cimentarsi nell'assolo de 'La cura'. Fui scelto io. Inutile dire che fu un'emozione immensa.

E da lì 50 concerti in tutta Italia, quale ricordi con maggior emozione?

"Ricordo in particolare il live a Roma nel 2016. L'unico nel quale vennero eseguiti tutti i brani dell'Lp 'La voce del Padrone'". Ma ogni sera era un'emozione. In particolare per me. Perché un po' tutti i concerti di Battiato erano una sorta di climax che portava all'esecuzione de 'La cura' che culmina con il notissimo assolo di chitarra, che dovevo eseguire io. Potete immiginare la responsabilità e l'emozione. Anche perché Battiato preparava tutto in prima persone e non potevi, giustamente, cambiare neanche una virgola".

Beh, in ogni caso soddisfazioni.

"Certo. Come quando alla fine del tour mi regalò una copia della sua antologia "Le nostre anime" con una dedica: "Caro Di Dio, Evviva". Una frase che stava a significare la soddisfazione per essere riuscito a concludere un tour pesante ma anche quella di tornare alle sue cose, alla sua casa. Perché Franco non era solo un musicista ma era un pittore, regista, studioso, filosofo: un vero e proprio Leonardo da Vinci dei nostri tempi".

La dedica di Battiato

Emozioni fortissime. C'è un ricordo in particolare di Battiato?

"Ricordo in particolare una chiacchierata fatta con Franco prima del concerto a Firenze nel 2017 in piazza Santissima Annunziata. Eravamo in un chiostro adibito a camerino. Mi chiese di me. Di come avevo cominciato a suonare. Gli raccontai degli inizia come cantautore negli anni '90 quando però era difficile trovare discografici che ti potessero produrre". Mi disse: 'Ricordati una cosa. Ci sarà sempre spazio per chi sa scrivere buone canzoni".

Parole che ti sono servite?

"Sì, dopo quel tour ho ricominciato l'avventura da cantautore. Oggi poi non c'è più bisogno di discografiche per farlo grazie a internet. Perché Franco è state capace di interpretare i linguaggi di diverse epoche passando dagli anni '70 fino ai giorni nostri cambiando stili e sapendo trasmettere un messaggio sempre attuale. Questo vale anche nella capacità di saper sfruttare gli strumenti che il periodo che stai vivendo ti mette a disposizione".

Ecco, il periodo appunto. Battiato se ne va in un momento molto difficile per l'umanità. Un momento in particolare proprio duro per chi fa musica, concerti. Ma se ne va anche proprio quando pare ci possano essere i presupposti per ripartire. Un segnale? 

"Speriamo tutti sia così. Però, come ci avrebbe insegnato Franco, c'è da trarre insegnamento da ogni situazione. In questa fase di pandemia da Covid si sono fermati davvero solo i concerti. Ma la musica è andata avanti. Anche grazie a piattaforme come Spotify che ti permettono di raggiungere ogni angolo del mondo. Pensare che in questo momento ci sia una persona a Tokyo che sta ascoltando la tua musica nelle cuffiette mentre passeggia o che la stessa cosa sta facendo una coppia a San Francisco sta chiacchierando seduta a un tavolino, magari per prendere una decisione importante per la vita, è una cosa enorme, impensabile fino a qualche anno fa. Franco avrebbe invitato tutti ad 'alzare la testa e guardarsi intorno' perché molti si piangono addosso guardando a quello che hanno perso e non si rendono conto di quello che non stanno sfruttando".