Bobo Rondelli: "Io, cuore libero, faccio parte della sfera degli inutili"

Faccia da bel tenebroso, sogna di fare "un gran film" e intanto è in concerto a Edolo con il suo ultimo album

Bobo Rondelli, alias Roberto Rondelli, 58 anni, in tour con il suo ultimo album

Bobo Rondelli, alias Roberto Rondelli, 58 anni, in tour con il suo ultimo album

Edolo (Brescia) - Ecco un irregolare della canzone da cui val la pena di lasciarsi stupire ogni volta come fosse la prima. Un "beautiful loser" abituato a scavare nelle fragilità umane e a raccontarle in quelle canzoni che colleziona domani a Edolo, in piazza San Giovanni, dando voce e sentimento al nuovo album "Cuore libero". Del perdente Bobo Rondelli ha la vocazione e l’allure romantica. "Faccio parte della sfera degli inutili" premette l’"illustre paranoico livornese", come vorrebbe scritto sull’epitaffio, rivendicando quella marginalità su cui ha costruito una carriera. "Sono portato alla malinconia e, come tanti, alla depressione. Meno male che c’è la musica". 

Già, meno male. Visto che lei vive tra set e palco, "Cuore libero" è un piccolo film? "Detta così mi sembra presuntuoso. Il titolo l’hanno scelto i discografici e, ad essere sinceri, a me non piaceva tanto. Se non l’avesse già scelto Michail Bulgakov, avrei preferito chiamarlo: Cuore di cane. Un invito ad accettare la sconfitta, il perdono".

Perché? "La malinconia avvicina a suo modo la gente alla compassione, a ritrovarsi un po’. Un sentimento che a volte colgo anche tra i ragazzini e questo mi dà la speranza che il mondo non sia in mano solo a chi parla di possesso e lussuria. Oggi manca la condivisione; ed è la solitudine a far crescere il mondo così". 

Mica si nasce a Livorno per niente. "Non sono poi così sicuro delle mie origini. Il ramo paterno, infatti, è emiliano mentre quello materno toscano".

Qual è, allora, la parte più livornese e quella più bolognese del suo carattere? "L’attitudine ad andare sopra le righe, a vivere la giornata, ad essere provocatorio e un po’ sbruffone, è molto livornese, mentre il senso di solidarietà, di condivisione, di onestà del borgo è emiliano. Qualche giorno fa ho suonato a Campi Bisenzio per gli operai della Gkn, poi siamo andati a raccontarci storie e ad ubriacarci assieme, perché sono figlio di quel mondo lì". 

In uno dei suoi romanzi si definisce “prendiperilculista”. "Ho coniato quel termine per non darmi il tono d’artista. Mi sento più artigiano, uno che costruisce storie possibilmente d’amore, perché più sono vere ed è più è facile trovare le parole. Come diceva Caproni, il poeta è un minatore che scava dentro sé stesso. E mio nonno in miniera c’è morto. Di silicosi". 

Come uscita d’emergenza le rimane sempre la professione d’attore. "Il cinema mi piace. Vorrei tanto una parte in un bel film, ma sono fuori dal giro romano". 

La faccia giusta ce l’ha. « La recitazione è gesto, ma pure suono. E io penso di essere l’unico che riesce ancora a doppiare Marcello Mastroianni quando ce n’è bisogno. Sullo schermo mi affibbiano sempre il personaggio del delinquente. Pure ne ‘I delitti del BarLume’ interpretavo un mezzo sciagurato. Eppure, se qualcuno mi guardasse bene negli occhi, scoprirebbe più disperazione che altro".