Bob Marley, 40 anni fa la morte del Re del Reggae: nelle sue canzoni amore e uguaglianza

Una leggenda della musica diventata leader politico e spirituale. Tanti i suoi brani entrati nella storia: da No Woman, No Cry a Jammin' e Africa Unite

Bob Marley in concerto il 29 giugno 1980 a Milano

Bob Marley in concerto il 29 giugno 1980 a Milano

Non voleva andarsene, avvolto nell'affetto della moglie Rita. Era l'11 maggio 1981 e Bob Marley stava morendo. Ma in quegli ultimi istanti di vita avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non lasciare Rita. Mise la testa tra le sue braccia e lei, cantando, lo rincuorava: "Il Signore avrà cura di te". Provava a farsi forza, la donna che lo aveva accompagnato per gran parte della sua vita, finché non è scoppiata in lacrime: "Bob, ti prego, non lasciarmi". Anche se nella vita aveva amato tante donne (l'artista ha avuto tredici figli, tre con sua moglie Rita, due adottati da due relazioni di Rita, e gli altri otto da relazioni con altre donne), da sua moglie non si sarebbe mai separato: "Lasciarti per andare dove? Perché piangi? - le disse -. Dimentica il pianto, Rita. Continua a cantare". Robert Nesta Marley, Bob per chi lo ha conosciuto attraverso la sua musica, era nato a Nine Mile, un villaggio giamaicano, il 6 febbraio 1945. Cantautore, chitarrista e attivista, ha contribuito a diffondere la cultura giamaicana, lo stile e la musica reggae al di fuori della stessa Giamaica. Padre britannico, Norval Sinclair Marley, e madre giamaicana, Cedella Booker, con quest'ultima va a vivere a Kingston: in piena adolescenza lascia la scuola e inizia a lavorare come saldatore. La scelta che gli cambierà la vita intorno ai 17 anni, quando decide di diventare un rasta, ovvero un seguace del "Rastafarianesimo", una religione monoteista nata negli anni Trenta considerata erede del cristianesimo. Il nome deriva da Ras Tafari, usato dall'imperatore d'Etiopia Hailè Selassiè I, figura per la quale Marley aveva una vera e propria venerazione. È il 1961 quando pubblica il suo primo singolo, "Judge Not", considerato molto innovativo ma che non ebbe un gran successo.

Da Re del Reggae a leader politico, spirituale e religioso

Nel 1964, invece, decise di formare con Bunny Livingston e Peter Tosh i The Wailers, con cui suonò ovunque in giro per il mondo in due diverse fasi, compreso il 1974, quando riformò la band dopo un precedente scioglimento, continuando a suonare e a pubblicare dischi con il nome Bob Marley & The Wailers. La scelta di trattare temi nelle sue canzoni come l'uguaglianza, la lotta contro l'oppressione politica e razziale, l'invito all'unificazione dei popoli di colore come unico modo per raggiungere la libertà, lo trasformano in un leader politico, spirituale e religioso. Alla fine degli anni Settanta, la Giamaica è tormentata da una guerra civile politica, alimentata dai due principali partiti: il Jamaican Labour Party e il People's National Party. Per cercare di fermare questo conflitto, organizza il "One Love Peace Concert", un concerto in cui Marley, mentre canta Jammin', convince i due principali esponenti politici, Michael Manley ed Edward Seaga, a stringersi la mano. Un evento storico. Tornando alla parte musicale della figura di Bob Marley, infinita è la sua produzione tra album storici, come Uprising, Kaya, Surival, Exodus, il postumo Confrontation, e singoli che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia della musica: si va da I Shot the Sheriff a No Woman, No Cry, Is This Love, Natural Mystic, One Love, Exodus, Africa Unite, Catch a Fire, Could You Be Loved, Get Up, Stand Up, Three Little Birds, Jammin', No More Trouble, Waiting in Vain, Redemption Song e Stir It Up. A contribuire al successo di Marley, anche l'intervento di altri artisti di livello. Come Eric Clapton: il leggendario bluesman incise una cover di I Shot The Sheriff che diventerà addirittura piu' famosa dell'originale. Il Re del Reggae ha inciso in tutto 17 album, 8 come The Wailers, 9 come Bob Marley & The Wailers.

La malattia

Una carriera in continua ascesa, un successo che aveva varcato i confini giamaicani, ma che si dovrà fermare improvvisamente. È luglio del 1977 quando si procura una ferita all'alluce destro: l'artista si convince di averla riportata durante una partita di calcio. Fino a quando in un'altra partita, l'unghia si stacca. La diagnosi non lascia scampo: melanoma maligno che cresceva sotto l'unghia dell'alluce. Da alcuni medici gli fu consigliato di amputarlo, per altri l'intervento avrebbe dovuto riguardare solo il letto dell'unghia, opzione scelta da Marley per motivi religiosi. Il melanoma non fu curato del tutto e progredì fino al cervello. Dopo circa un anno, nonostante i problemi di salute, organizza il "One Love Peace Concert", mentre nel 1980 pubblica l'ultimo album, Uprising, disco a forti tratti religiosi, che contiene singoli come Redemption Song e Forever Loving Jah. Se da una parte il cancro è inarrestabile, dall'altra la sua voglia di fare musica non si ferma. In tour in Europa, il 27 giugno 1980 canta davanti a 100mila persone a Milano, mentre negli Usa ha in programma due concerti al Madison Square Garden di New York: qui Marley ha però un collasso facendo jogging al Central Park. Il 23 settembre 1980 tiene il suo ultimo concerto, allo Stanley Theater a Pittsburgh. Vola quindi in Germania, per un consulto medico: il cancro è implacabile. I dreadlock di Marley diventano troppo pesanti, perché i capelli sono sempre più indeboliti a causa del cancro. Anche il taglio diventa una sorta di evento, una decisione molto sofferta: lo fa mentre legge la Bibbia. In volo verso casa, è costretto a fermarsi a Miami per un peggioramento della salute. Qui muore la mattina dell'11 maggio 1981. Poco prima di morire, parla con tutti i suoi figli: "Money can't buy life" ("i soldi non possono comprare la vita"). Bob Marley riceve i funerali di stato in Giamaica, con elementi combinati dei riti delle tradizioni dell'ortodossia etiopica e Rastafari.

L'Ajax celebra il mito

Una delle maglie che l'Ajax indosserà nella prossima stagione 2021-2022 celebrerà il mito di Bob Marley. L'idea di omaggiare Marley non è nata, come ha detto scherzosamente qualcuno, perché Amsterdam è da sempre la capitale della marijuana legalizzata, ma perché una delle canzoni del musicista, che era un grande appassionato di calcio, è dal 2008 uno degli inni dei tifosi dell'Ajax. Lo cantano a ogni partita e si tratta di "Three Little Birds", che Marley incise nel 1977 e che alla Johan Cruijff Arena venne eseguita da un dj prima di un Ajax-Cardiff e da quel momento divenne una tradizione della tifoseria. La maglia è nera con dettagli rosso, giallo e verde, i colori della cultura Rastafari, nel colletto. Rosse, gialle e verdi anche le tre stelle che campeggiano sopra allo stemma del club. Nella parte interna della maglia anche le tre X simbolo di Amsterdam e tre silhouette di uccellini per fare riferimento alla canzone amata dai tifosi. Insomma, un must per i collezionisti e gli appassionati calcio e del reggae.