Milano, all'Alcatraz c'è Alice Cooper. Il padrino dello shock rock morde ancora

Il live spostato dall'ippodromo al locale di via Valtellina. Ospite speciale Michael Monroe, front man degli Hanoi Rocks

Alice Cooper

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Milano - Pure i live dei grandi del rock subiscono i contraccolpi di un’estate complicata. Così, dopo l’annullamento all’ultimo istante del concerto che i Whitesnake di David Coverdale avrebbero dovuto tenere ieri all’Alcatraz (già "alleggerito" nella giornata di lunedì della presenza degli Europe nei panni di supporter), un’altra icona come Alice Cooper si vede costretta a ridimensionare gli orizzonti portando, sempre sul palco del locale in via Valtellina, lo show previsto originariamente nella ben più ampia cornice dell’Ippodromo Snai San Siro. E il fatto che il cambio di sede fosse già stato deciso ad inizio mese la dice lunga sui languori della prevendita; un rovescio per il "padrino" dello "shock rock" col suo Grand Guignol di bambole decollate, ghigliottine, pitoni vivi, fiotti di sangue, tornato sul mercato lo scorso anno con "Detroit stories", ventottesimo capitolo di una sanguinolenta avventura discografica iniziata nell’ormai lontanissimo 1969.

Schiavo del personaggio che gli è valso una stella sulla "walk of fame", quattro candidature al Grammy e due lauree honoris causa, Vincent Damon Furnier resta il riferimento obbligato di una generazione che viaggia attorno ai cinquanta-sessanta cresciuta nel segno delle sue "School’s out", "Billion dollar babies" o "Welcome to my nightmare". Settantaquattro anni, sposato da 46, sobrio da 39, Mr. Furnier è un eccellente giocatore di golf (l’handicap oscilla tra 4 e 5), colleziona d’arte, promuove operazioni filantropiche, ed è perfino un profondo studioso della Bibbia.

"Groucho Marx considerava i miei spettacoli una specie di vaudeville dall’umorismo oscuro" racconta lui, che all’Alcatraz sarà affiancato pure da Michael Monroe, storico frontman degli Hanoi Rocks, nei panni di ospite speciale. "Dalí, uno dei personaggi più interessati con cui mi sia mai capitato di lavorare, li riteneva invece surrealisti. Arte e musica, a mio avviso, sono entrambe molto matematiche. Anche se a scuola, stranamente, la matematica era il mio tallone d’Achille". La pandemia ha avuto un impatto devastante pure sulla sua esistenza. "Prima ero abituato a suonare in 170-180 città l’anno sulle due rive dell’Atlantico perché, oltre ai tour di Alice Cooper, ero impegnato pure con Joe Perry degli Aerosmith e Johnny Depp in quelli con gli Hollywood Vampires. Poi tutto si è fermato". La ripartenza c’è, ma in salita.