Alex Britti torna con "Mojo", un album tutto strumentale

D'estate fra festival e piazze, in autunno prosegue il tour tra divano, note e ricordi

Alex Britti

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Ventidue anni fa Milano per Alex Britti era una città "con I suoi 1.000 dialetti, con le settimane lunghe e con gli uffici, con le abbronzature a 100.000 watt e con la vita appesa a 1.000 sacrifici", mentre oggi è una specie di New York “de’ noantri”. "La città dei cantori in bianco e nero che vedevamo da bambini alla tv non c’è più, s’è estinta" ammette l’uomo dei settemila caffè presentando “Mojo”, album strumentale in uscita il primo luglio con cui torna sul mercato cinque anni dopo la doppia esperienza di “In nome dell’amore - Volume 1 e 2”. "Se fosse un brano di questo mio nuovo disco, Milano avrebbe la tensione di ‘S_Funk’, perché è colorata, dinamica, elegante, piena di loft, ma anche di veneti, napoletani, romani, genovesi che mangiano sushi".

Le hit di solito inibiscono un chitarrista “da classifica” come lei dal fare un album strumentale. Come ha aggirato l’ostacolo?

"Creando un’etichetta tutta mia. Prima non avrei potuto farlo. Quando lavori per altri il disco strumentale non è visto di buon occhio perché nella stragrande maggioranza dei casi vende meno copie di quello di canzoni".

Da quanto tempo era nell’aria l’idea di fare un’esperienza del genere?

"Da un bel po’, anche se poi i brani li ho scritti tutti negli ultimi 3-4 anni lasciando andare le mani e, in base al clima, trovando poi titoli in linea con le suggestioni della musica".

“Sotto il cielo di Amsterdam”, ad esempio?

"L’atmosfera rarefatta e un po’ ‘nu jazz’ mi ricorda le jam session nei localini affacciati sui canali o il cielo perennemente grigio colorato da tende e banchetti di Dappermarkt, il mercatino multiculturale della zona dove abitavo io.

Cosa c’è dentro al suo “mojo”?

"C’è chi ci tiene erba e chi amuleti come un osso di gatto nero o la zampa di coniglio. Io niente di tutto questo perché non credo nella fortuna e sfortuna, ma piuttosto nel benessere, nell’energia e nella positività d’animo. Per questo amo circondarmi di oggetti che sanno mettermi di buonumore; una vecchia chitarra Gibson degli anni Trenta che mi segue ovunque anche se non la suono mai o due teschietti messicani capaci di strapparmi un sorriso solo a guardarli".

Il suo “mojo”, insomma, ce lo portiamo dentro.

Esatto, anche se nel blues, nel tex mex, l’immagine ha pure una sua connotazione culturale e la ritroviamo in un sacco di canzoni, a cominciare dalla celeberrima ‘Hoochie Coochie Man’ di Muddy Waters”.

Estate nei festival e sulle piazze. E poi?

"Proseguo il tour, ma cambio spettacolo. Un recital solo su un divano in bilico tra pezzi cantati, momenti strumentali, ricordi e un buon bicchiere".