La Trattoria in “Fabbrica“: la ricetta di chef Marzullo

A Lomazzo il locale diventato la vetrina del campus di innovazione. Cucina d’istinto, gusto della tradizione (saporita). "Stella Michelin? Perché no..."

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di Paolo Galliani

La fisica e la metafisica. Un vecchio cotonificio ottocentesco che ricorda la Berlino pre-industriale prima della caduta del Muro, trasformato in un Parco Scientifico-Tecnologico dove il passato remoto si sente e si vede ma, diamine, dove si respira anche il tempo che verrà. Magia? Macché, solo un capolavoro di rigenerazione urbana ambientato a Lomazzo. E non fa specie che uno dei testimonial di questo crocevia di imprenditori, freelance e startup sia Davide Marzullo, faccia da bravo ragazzo ma anche l’aria sveglia di uno che non ama essere un gregario, cuoco 25enne di un locale - la Trattoria Contemporanea - diventato la vetrina di “Fabbrica”, campus di innovazione e teste pensanti attivato anni fa da Luca Di Pierro, Stefano Giusto e Luca Bernasconi, per farne una community dove lavorare, sperimentare, condividere. E Davide? Un grande, e non solo perché alla sua tenerissima età si è già guadagnato un sacco di riconoscimenti come “chef emergente” del Belpaese.

Grande anche nella generosità che sfodera quando elenca i meriti della sua brigata ("tutti miei amici da anni"). E sorprendente anche nella sua visione di cucina d’istinto, ereditata nel ristorante dello zio Daniele a Saronno, dove aveva avuto l’illuminazione, tipo "con il cibo posso rendere contenta un sacco di gente". Della serie: era la sua strada. Ed è diventata un’autostrada. Prima, con le importanti esperienza alla Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo, in un locale bistellato di Londra, perfino al mitico Noma di Copenhagen. E adesso a Lomazzo, chiamato dai tre soci di Fabbrica Campus a riempire di idee e personalità la Trattoria Contemporanea, con i suoi amati friends Andrea, Laura, Christian ed Elena che firma un pane di rara qualità ed è anche la sua compagna di vita. La formula: forte rispetto per la tradizione ma con l’upgrade dell’innovazione. L’imprinting: sapidità marcata nei piatti perché la neutralità nel cibo è pura noia. E allora, via con la deliziosa “Seppia, ‘nduja e beure blanc”, tallonata in originalità da un “Ditalino Gerardo di Nola con birra scura, Parmigiano e aneto”, per poi sbarcare su un “Pie di agnello, pastinaca e rosmarino“ da incorniciare.

I sogni? Tantissimi. Ma mediati da un pragmatismo quasi cartesiano. E Milano? Troppo stress. Meglio Lomazzo, "perché nella vita – spiega Davide – è importante affermarsi ma contano anche il verde, la tranquillità, le pause, il gioco". La stella Michelin? "Perché non pensarci?", commenta, ammettendo di avere poca pazienza e rivelando una grinta sorprendente per uno che alla fine si autoproclama un "tenerone". Si congeda con una pillola di saggezza. "Se nella tua testa riesci a vedere e immaginare una cosa, significa che la puoi realizzare". Ottimismo eccessivo? Forse. Del resto, Davide lo ripete: "Non amo avere rimpianti". E guardando al successo della Trattoria Contemporanea vien da pensare che abbia ragione lui. Fuori, centinaia di studenti e startupper si muovono tra il verde e gli spazi di coworking del Campus. Giusto per rimarcare la sensazione che si percepisce passeggiando sotto le volte del vecchio cotonificio di Lomazzo, sede peraltro anche di Como Next: le città, piccole o grandi che siano, non pensano. Ma possiedono l’intelligenza di chi le abita.