La senape è “made in Varese“, altro che Francia

Semi macinati come una volta, passione e qualche segreto. "Il nostro vasetto dalle mani dei nonni a quelle dei nipoti, che orgoglio"

di Paolo Galliani

Spalmabile e cremosa. Come la leggenda del vasetto di vetro speciale ideato da un giovanissimo illustratore francese, tale Achille Lucien Mauzan, ispirandosi ad una delle boccette di profumi che ai suoi tempi, Anni ’20, andavano per la maggiore. Che poi, non è detto si trattasse di leggenda. Del resto era sempre stato lui a disegnare anche la nuova immagine grafica dell’azienda di Varese – la Helvetia di Federico Thomy – decisa a lanciare un’inedita produzione di senape all’italiana dopo essersi per anni occupata di surrogati del caffè ricavati da cicoria essiccata e tostata. Si era inventato il faccione caricaturale di un omone che si apprestava ad addentare un maialino appena immerso nel citato vasetto. E l’aveva chiamato “Orco Mangiabene“, nome che in breve avrebbe avuto talmente successo da soppiantare la dizione ufficiale dell’azienda (appunto, Helvetia) e diventare il marchio definitivo. Oltre un secolo dopo, la storia continua a marcare la vita di questa iconica senaperia di taglia relativa (una quindicina di dipendenti) accasata in uno stabilimento dalle fattezze liberty nella cosidetta “Varese delle Stazioni“, attività dall’imprinting geneticamente artigianale ancorché inserita fra le eccellenze dell’Alimentare. E, da 40 anni, gioiellino della famiglia Corno, gruppo monzese con interessi nel settore dell’alimentare e della zootecnia. In effetti, erano stati i fratelli Giuseppe e Attilio, nel 1982, a scommettere sull’azienda varesina dove veniva prodotto un blend di semi di senape gialla e bruna che aveva una morbidezza tutta sua rispetto alla piccantissima “moutarde de Dijon“ sbandierata dai francesi come la migliore.

E da allora, in via Grado e via Monte Santo non hanno mai smesso di tenersi le loro convinzioni. E il loro stile. Anche grazie ai fratelli Claudia e Matteo, seconda generazione della gestione Corno, lei interprete del profilo commerciale e comunicativo, lui di quello amministrativo e produttivo, con una fissa: la continua ricerca di ricette innovative da affiancare alla celebre "classica" della maison e l’ingresso nel catalogo di molte new entry, ma senza modificare il processo produttivo tradizionale, indelebilmente legato alle 6 "molazze" in pietra di granito che ancora oggi ruotano per macinare i semi e assicurare l’emulsione che rende la senape Orco particolarmente cremosa. Assieme alle versioni "forte" e "in grani" (800mila tubetti e 500mila vasi venduti ogni anno), ma anche ad un’infinità di altre salse che hanno reso il marchio "Orco" una referenza: la maionese ma anche le paste di acciughe o di capperi e le recenti salse Aioli, Cocktail, Tonnata e Tartara. E Varese? C’è, eccome. E, più di ieri, anche nel cuore. Claudia lo spiega: "Il nostro vasetto di senape trasloca dalle mani dei nonni a quelle dei nipoti. E questo ci riempie di soddisfazione. Ma adesso sentiamo anche il bisogno di raccontare meglio alla città chi siamo e come lavoriamo. Perché no? anche pensando in un futuro prossimo di aprire lo stabilimento alle visite". Senza svelare troppo – aggiunge – perché la forza di un brand è nella sua capacità di conservare una certa magia e segretezza. Pura saggezza. In un mondo violentato dalla comunicazione, fare volare l’immaginazione è un bene da proteggere. Anche se chiuso in un vasetto di vetro. E dietro al faccione di un orco.