Extraomnes, dal mastro birraio che sa azzardare

Il birrificio artigianale pluripremiato nel mondo ha il cuore tra Marnate e Castellanza. "La “bionda” è la prova che Dio ci vuole felici..."

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di Paolo Galliani

Ha un soprannome bizzarro, con tanto di spiegazione. “Schigi” è una sorta di fusione fonetica tra il suo vero nome - Luigi - e quello che gli avevano attribuito da ragazzino quando, durante una gita, ebbe l’ardire di rovinare un panino con salame aggiungendoci della marmellata e gli amici la definirono, non a torto, “schifezza”. L’interessato ci ride sopra, ma in fondo sa che quell’oscenità alimentare rivelava l’imprinting che lo avrebbe poi marcato anche come birraio tra i più amati ed eccentrici della Lombardia: il gusto degli abbinamenti, delle combinazioni, perché no?, anche degli azzardi. Proprio quella che a Marnate nel Varesotto lo ha fatto diventare il mastro birraio di Extraomnes, una dei birrifici artigianali più titolati e apprezzati, specie da chi ha una predilezione quasi sfacciata per le produzioni ispirate alla tradizione fiamminga e vallone. Del resto, ad intrigare Luigi D’Amelio erano stati proprio i suoi ripetuti viaggi in Belgio, terra eletta delle birre ad alta fermentazione e con alcolicità importante. Si era messa poi anche il destino a fare la sua parte, quando “Schigi“ aveva cominciato a organizzare qui e là degustazioni e incontri istruttivi. La coincidenza aveva fatto il resto: una sera, a Dairago, lo avevano avvicinato Andrea Giberti e Alessandro Cantadori, ultima generazione delle due famiglie d’imprenditori che a Marnate avevano già avviato un’azienda di caffè, la El Mundo, proponendogli: "Vorremmo fare qualcosa anche in materia di birra e il tuo modo di pensare e lavorare ci piace". Detto e fatto.

Era nata Extraomnes, sigla simpaticamente presuntuosa (significa “Fuori tutti”), con tanto di simbolo grafico ispirato al cane di un noto mosaico pompeiano; e con un format rivoluzionario: la bottiglietta da 33 cl al posto dei 75 che fino ad allora, tradizionalmente, caratterizzava la commercializzazione delle birre artigianali. Tant’è. Oggi, l’avventura ha assunto la forma dell’invidiato brand di via Pertini, capace di produrre 3mila ettolitri di birra l’anno (dato pre-Covid), pluri-premiato ai concorsi internazionali, celebrato generosamente dalla guida di settore Slow Food e ambientato nell’impianto di nuova generazione avviato nella zona industriale di Marnate, dove è uno spettacolo ammirare Schigi prepara la “cotta”, imposta i processi di lavorazione del mosto e guida i processi di filtrazione, bollitura e fermentazione. Mitiche le birre che da anni continua a firmare, come la Saison, malto di segale e leggermente piccante, la Blond, lievito belga e luppolo americano e la Tripel, stile trappista, chiara e leggermente ambrata, che lui definisce “ingannatrice”, perché pare leggera, "ma poi – spiega – con i suoi quasi 9 gradi, ti frega". Non sono meno iconiche la Kerst, dolce ma mai stucchevole e l’esplosiva Zest, non a caso tra le più richieste nel locale “Extraomnes Bier&Cibo” aperto a Castellanza, diventato luogo di aggregazione dei beer lovers (star della casa, l’abbinamento con la focaccia al formaggio) e il flag- ship del gruppo El Mundo.

Ma il territorio eletto di Schigi è sempre lì, a Marnate: tra i sacchi pieni di malti e luppolo; tra i grossi tini del birrificio. Ma anche nella saletta dove degustare dell’ottima “Sabrage” dalle curiose note tropicali e dove ascoltare l’ex dipendente DHL diventato mastro birraio, mentre racconta aneddoti sull’amato Belgio e sfodera citazioni dei grandi uomini del passato. Su tutti, quella di Benjamin Franklin che ripeteva "La birra è la prova che Dio ci ama e ci vuole felici". Salute!