Bustofolk, se l’aria d’Irlanda soffia in pianura

Esibizioni di danza e musica, esposizioni e dibattiti, piatti tipici e birra. Viaggio nel piccolo miracolo di una rassegna di successo

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Dalla mostra “Terre Celtiche - Irlanda” all’Irlanda a tavola, dalle ormai classiche danze di Gens d’Ys al convegno sul “Lungo viaggio dei longobardi“, fino alle esibizioni dei big come Tribesmen,The Shire, Billow Wood. E poi ancora stage di arpa, Flavio Oreglio sul palco, rugby e falconeria. Ce n’è davvero per tutti i gusti, e non è la solita frase fatta, in Bustofolk 2022, creatura di Gens d’Ys che in 21 anni di storia ha aperto un sentiero di cultura dove c’era una giungla d’incomprensione. "Tutto nasce da un gruppo di amici appassionati di danza irlandese che si trasforma in accademia, insegna e balla in altri festival – racconta uno dei fondatori, Umberto Crespi –. Poi il nostro sogno si è realizzato: il piacere e l’orgoglio di chiamare gruppi internazionali sui quali ballavamo e ci allenavamo in un evento direttamente creato da noi, a casa nostra". Con un unico obiettivo: "Diffondere musica e danza celtica, fra Irlanda, Scozia e Bretagna. E, sorpresa, "le istituzioni hanno sempre capito, promosso e collaborato alla manifestazione, soprattutto le varie amministrazioni di Busto". I risultati sono arrivati presto. Da quegli inizi pioneristici, quando "l’incontro con musicisti irlandesi e scozzesi aveva un sapore esotico, visto che era un altro mondo rispetto a quello attuale molto più aperto e globale", ricorda Crespi. "La musica celtica trent’anni fa, quando eravamo appena nati come associazione, era un incontro culturale tout court. Soprattutto nel cibo", sorride. Insalata mista nella pasta? Perché no, per i musicisti che arrivavano da lontano nulla era impossibile a tavola. "Avevamo vent’anni, l’Interrail era un’avventura, c’era ancora atmosfera alla Alberto Sordi". Dura stare dietro agli artisti provenienti da quei mondi così diversi, che riuscivano a fare spettacoli pur ingurgitando quantità incredibili di birra. "Stereotipi, ma che in realtà erano veri", scherza Crespi. Ma il miracolo dell’incrocio di culture si è pienamente realizzato, in un festival che ha saputo evolversi, attirare big della musica, calamitare curiosità e - fin dalle prime edizioni - turisti dalle altre regioni d’Italia e da Austria, Germania, Svizzera. "Il territorio ha iniziato ad apprezzare e comprendere la musica bretone, irlandese e scozzese. A capire le sfumature, le differenze. I riconoscimenti sono arrivati da centinaia di persone che hanno partecipato, ringraziando per una proposta cultura differente e particolare". Dal pubblico di nicchia si è arrivati a un pubblico trasversale, fatto di giovani e di anziani. Segnale del successo anche le tante band giovanili, dai bustocchi Dirty Bastards in giù, e altri piccoli eventi, serate irlandesi spuntate ovunque. Oggi, siamo allo Zenith. "Contiamo 284 artisti in quattro giorni di eventi. Tutto l’anno si propongono band da tutto il mondo, alcune perfino dal Sud America, chiedono di partecipare al Busto Folk. Il vero problema a questo punto è riuscire a coniugare la musica e la parte economica del progetto", sospira Crespi. Perché "se c’è una critica da fare, a livello italiano, è che per questo genere musicale ancora nel pubblico non è entrata in testa l’idea di dover pagare una cifra adeguata. Se per il concerto di un singolo artista di altri generi non si batte ciglio nel pagare 40 euro, fino ai 100 euro del Vasco della situazione, qui si fa fatica a pagare 10 euro per 4 band in un giorno solo, di cui due internazionali. Purtroppo ancora alcuni generi sono ritenuti “folcloristici“ come se la parola definisse un basso livello di qualità, ma abbiam portato artisti come Carlos Nunez o Hevia dove all’estero si pagano 60 euro. Noi siamo riusciti a portarli a prezzi da 10 a 15 euro...". E anche quest’anno c’è Flavio Oreglio, in versione folk, a prezzi popolari. "Però questi “steccati“ limitano la possibilità, un domani, di crescere". Per fortuna c’è chi ha capito l’importanza di dare dignità a questo splendido mondo. La danza irlandese è salita sul palco del Castello per “On Dance“, il festival inventato da Roberto Bolle al Castello. "Un messaggio bellissimo, la nostra compagnia si è esibita". E si spera che la danza irlandese, finalmente, possa essere considerata come merita: Cultura. Con la c rigorosamente maiuscola.